Meritocrazia è una di quelle parole che a seconda del senso che assumono esprimono concetti giusti o errati. C’è chi come la Gelmini la brandisce come scusa per non stanziare soldi a sostegno dei deboli. Chi la usa per chiedere il rispetto dei propri meriti. Due punti di vista diversi sono quelli di Baricco (cliccare qui per vedere il video) e di lo Scorfano che lo contesta:
La parola «meritocrazia», per esempio, è divenuta un tale feticcio, buono per ogni uso, che è ormai necessario non credere più a nessuno di quelli che la pronunciano, per definizione pregiudiziale. Anche perché, parliamoci chiaro, chi pronuncia e chi ascolta la parola «meritocrazia» lo fa perché, sotto sotto (ma forse nemmeno così sotto), pensa di avere straordinari meriti che non gli vengono riconosciuti; mentre i tali meriti vengono, secondo lui ingiustamente, riconosciuti ad altri. E pensa che non gli vengano riconosciuti perché appunto manca la meritocrazia, il potere dei meriti. Con la quale, invece (se ci fosse), lui comanderebbe e sarebbe ricco e famoso e forse dei meriti altrui tenderebbe a serenamente fregarsene.