L’Italia e la scialuppa di salvataggio della Bce
L’Italia posta in salvo dalla Banca Centrale Europea. E’ quanto emerge dall’analisi svolta da Banca d’Italia sugli effetti delle politiche monetarie della Bce dopo l’avvitamento della crisi finanziaria sui debiti sovrani dei paesi periferici dell’Unione Europea. In particolar modo, i ricercatori dell’Istituto di Palazzo Koch hanno valutato il diverso impatto degli strumenti della Bce finalizzati a contrastare le tensioni sui titoli del debito pubblico italiano, nonché sul mercato interbancario da cui attingono liquidità gli istituti di credito.
L’intervento più vistoso, ma di carattere transitorio, della Banca Centrale Europea si concretizzò, tra il 2010 e il 2011, con il cd. Security Market Programme (SMP), attraverso cui l’Istituto con sede a Francoforte acquistò bond emessi dallo Stato italiano per una cifra pari a circa 100 miliardi di euro. Secondo quanto evidenziato dai ricercatori di Banca d’Italia, da tale misura non convenzionale di politica monetaria sarebbe derivata una contrazione dei rendimenti e, dunque, un risparmio di spesa per interessi da parte dello Stato italiano nell’ordine del 2%, sulle scadenze dei titoli di due e dieci anni.
Senonché, l’estemporaneità del programma di acquisti, dettata anche dai primi mal di pancia dei rappresentanti tedeschi negli organi della Banca Centrale Europea, guidato all’epoca dal francese Jean-Claude Trichet, e sfociati nelle dimissioni del membro tedesco del Consiglio Direttivo della Bce Jurgen Stark, non spense del tutto il fuoco incandescente della speculazione sui titoli di stato del Belpaese.
Tuttavia, con l’approdo di Mario Draghi, nel novembre del 2011, alla guida dell’Eurotower, il problema delle tensioni sul debito sovrano dei paesi del Sud d’Europa trovò definitiva composizione con il lancio, nel luglio del 2012, del cd. Outright Monetary Transactions (OMT), il programma di acquisti illimitati sui titoli di debito pubblico con scadenza fino a tre anni.
In tal senso, secondo le stime della Banca d’Italia, l’OMT avrebbe avuto, contestualmente al suo annuncio, effetti immediati lungo tutta la curva dei rendimenti dei titoli di stato, in particolar modo sulla parte più breve della stessa curva con un abbassamento dei rendimenti pari all’1%.
In merito, invece, alle politiche non convenzionali in favore delle banche dell’Eurosistema, la Bce varò due linee di prestiti di durata triennale al tasso dell’1%, la prima nel dicembre del 2011 e la seconda nel febbraio dell’anno successivo, consentendo agli istituti di credito, specie quelli italiani, di ottenere liquidità al di fuori del mercato interbancario, nell’ambito del quale i tassi a cui le banche, solitamente, danno e ricevono in prestito fondi erano schizzati a livelli vertiginosi.
Tangibili, anche in questo caso, i benefici per il sistema-Italia: i prestiti triennali avrebbero avuto, infatti, un impatto diretto sull’offerta di credito, abbassando, contestualmente, i tassi di interesse del mercato interbancario tra lo 0,7 e l’1%. In definitiva, secondo gli autori della ricerca, gli strumenti di politica monetaria della Banca Centrale Europea non avrebbero potuto evitare la recessione, ma avrebbero perlomeno scongiurato uno scenario di profonda depressione economica.
Ciò nonostante, le cause che determinarono la crisi del debito sovrano in Italia, così come negli altri stati periferici dell’Unione Europea, non potrebbero essere fronteggiate e risolte con il solo armamentario della Bce. Infatti, la politica monetaria, non sufficientemente supportata da riforme strutturali, non sarebbe in grado di risollevare un paese dalle secche di un crisi di debito.