Datagate: Italia spiata anche dai britannici
Arrivano nuove e allarmanti notizie sul caso Datagate. Fonte, questa volta, è Glenn Greenwald, il giornalista americano che custodisce i file della ‘talpa’ più ricercata del mondo, Edward Snowden. Greenwald, intervistato dal settimanale L’Espresso (il numero è in edicola domani) rivela ulteriori e scottanti dettagli.
“La Nsa porta avanti molte attività spionistiche anche sui governi europei, incluso quello italiano” esordisce il giornalista, che poi specifica: “L’attività di spionaggio globale viene svolta attraverso l’intercettazione di tutti i dati trasferiti da tre cavi in fibre ottiche sottomarini che hanno terminali in Italia. Il primo è il SeaMeWe3, con terminale a Mazara del Vallo. Il secondo è il SeaMeWe4, con uno snodo a Palermo”.
Ma la notizia è un’altra: stando a Greenwald, infatti, pare che l’Italia non sia stata oggetto di controllo solo da parte della Nsa ma anche della Gran Bretagna. Secondo il giornalista, infatti, gli 007 di Sua Maestà, attraverso un sistema chiamato Tempora, spiavano telefonate, mail e traffico internet di pc e cellulari del nostro paese. Le informazioni di una certa importanza venivano poi scambiate con la Nsa.
Se possibile, inoltre, i metodi utilizzati dall’intelligence britannica erano ancora più spregiudicati dell’omologa americana: la licenza di spiare concessa era infatti vastissima, così da tenere sotto controllo aziende, politici e uomini di Stato. Gli inglesi selezionavano telefonate e mail utili a individuare “le intenzioni politiche dei governi stranieri”.
Il tutto non avendo neppure la parziale scusante della lotta al terrorismo, se è vero che alcuni cablo di Tempora fanno riferimento alla possibilità di acquisire dati che permettano “il benessere economico dell’Inghilterra”. Cosa significa ciò? Quante volte informazioni relative a trattative commerciali, ad esempio tra aziende italiane e straniere, sono state utilizzate per danneggiare i rivali delle imprese britanniche?
Non è finita. Nell’elenco delle comunicazioni da esaminare erano compresi anche “i gravi reati economici”, uno spettro ampio, poichè moltissime attività finanziarie internazionali e italiane passano dalla City e il contrasto al traffico di droga: un altro punto che può giustificare irruzioni nelle conversazioni italiane.
Ultimo, ma non meno importante, è il controllo effettuato dai britannici riguardo la “posizione dei governi stranieri su determinate questioni militari“. Anche in questo caso, si possono ipotizzare inserimenti nelle telefonate dei nostri ministri: basta ricordare i contrasti tra Roma e Londra nella prima fase dell’intervento in Libia due anni fa.
Greenwald si congeda da L’Espresso rivelando anche che le operazioni di spionaggio ai danni del nostro paese non erano affatto all’insaputa dei servizi italiani. Anzi, i cablo affermano l’esatto contrario, ovvero che i nostri apparati di sicurezza avevano un “accordo di terzo livello” con i servizi britannici che si occupavano di spiare le comunicazioni.