“La rappresentazione della giustizia come funzione piegata a scopi politici, l’attacco scomposto alle sentenze, delle quali si impone il rispetto, e l’attribuzione alla magistratura di pregiudizi di carattere ideologico costituiscono non solo un oltraggio rivolto all’ordine giudiziario ma anche un grave pericolo per il sistema democratico”. E’ forse il passaggio più duro e critico del discorso che il presidente dell’Associazione nazionale magistrati ha tenuto durante la prima giornata del 31° congresso nazionale dell’Anm.
Riferimenti precisi Rodolfo Sabelli non ne fa, anche se per molti è chiaro che gli attacchi e le polemiche sono soprattutto quelli seguiti ai provvedimenti giudiziari che hanno riguardato anche Silvio Berlusconi. La stessa sensazione si ha scorrendo un altro passaggio: “Proseguono provocazioni e attacchi verbali legati a singole vicende giudiziarie, accompagnati da campagne giornalistiche offensive e intimidatorie, in un cliché che evoca un pericoloso clima di scontro che la magistratura rifiuta”.
Quella dipinta da Sabelli è un’emergenza: il clima di scontro, fatto di polemiche, propaganda e denigrazioni avrebbe avvelenato i rapporti istituzionali e la vita del paese, fino addirittura a condizionare i tentativi di riforma legislativa, avendo “ostacolato quelle necessarie a ridare al processo qualità ed efficienza, e stimolato proposte che periodicamente si affacciano con scopo punitivo […] che mirano strumentalmente a riformare i magistrati più che a migliorare la giustizia”: riduzione delle competenze del Csm, separazione delle carriere, alterazione dei rapporti tra pm e polizia giudiziaria e eliminazione dell’obbligatorietà dell’azione penale.
Per il presidente dell’Anm va recuperata “una condivisa responsabilità istituzionale, nel segno del rispetto per l’indipendenza e l’autonomia della giurisdizione, della salvaguardia del bene comune e del rifiuto di particolarismi, pregiudizi e faziosità”. C’è spazio anche per una battuta sulla legge Severino (occorrerebbero “opportuni correttivi” sulla base dei profili critici già emersi) e sul reato di clandestinità, definito “inutile e dannoso”, mentre il sovraffollamento delle carceri si presenta come “l’emergenza più grave, morale ancor prima che giudiziaria”.
Necessaria anche una riforma delle intercettazioni, che produca un “ragionevole equilibrio fra tutela della privacy, diritto all’informazione ed esigenze di indagine e prova“. Da ultimo, un riferimento quasi doloroso a determinati ambiti del diritto, quali fine vita, la fecondazione assistita, la famiglia di fatto: “divenute talvolta oggetto di casi giudiziari clamorosi e drammatici, hanno visto la magistratura affrontare un impegno difficile e solitario, in presenza di regole incomplete o persino in assenza di regole“. Una situazione che non può essere mantenuta.
LE REAZIONI
Si fanno notare soprattutto le reazioni di esponenti del centrodestra, critiche su vari aspetti della relazione del presidente dell’Anm. “Nel discorso di Sabelli ho sentito passaggi preoccupanti e pericolosi. Attaccare leggi come la Bossi-Fini e il reato di clandestinità, votate dal Parlamento e volute dai cittadini, è una vergogna – dice Matteo Salvini, vicesegretario federale della Lega Nord -. Noi siamo pronti a tutto, anche andando contro i magistrati che fanno politica”.
E se ricompare Antonio Di Pietro, che sul suo blog concorda con Sabelli (“Ormai l’attacco alla magistratura e alle sentenze da parte dei soliti noti è diventato un sport che passa nell’indifferenza di tutti e che rischia di diventare uno slogan di uso quotidiano. Così si calpesta lo Stato di diritto che vede nella separazione dei tre poteri uno dei principi fondamentali”), il Pdl in pieno subbuglio finisce per ritrovare unità nella critica al discorso del magistrato.
Per Fabrizio Cicchitto “Sabelli prima di fare le sue relazioni all’Anm vive in un altro pianeta, dove neanche lontanamente settori della magistratura intervengono nella vicenda politica, dalle sistematiche violazioni del segreto istruttorio a espliciti interventi politici, a requisitorie e sentenze che interagiscono con la politica”. Dall’Anm – aggiunge Mariastella Gelmini – ci saremmo aspettati oggi, piuttosto che una scomposta autodifesa, almeno un accenno di autocritica davanti a una realtà che non si può negare e all’evidente persecuzione giudiziaria, allo sfrontato uso politico della giustizia”.