Mercoledì 26 ottobre il Governo della Repubblica Italiana ha fatto pervenire a Bruxelles, alle istituzioni europee, una lettera di intenti relativa alle riforme in tema di sviluppo e contenimento della spesa pubblica che il nostro Paese intende mettere in campo per ritrovare quella fiducia dei mercati necessaria per bloccare gli attacchi speculativi di cui siamo ripetutamente vittima ormai da diverso tempo.
[ad]L’esigenza della lettera nasce in prima battuta dal continuo rinvio della presentazione delle misure in tema di sviluppo economico, previste per la metà del mese di ottobre ma non ancora presentate in Consiglio dei Ministri né tantomeno al Parlamento.
I leader delle principali economie dell’area Euro, Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, hanno letteralmente imposto un ultimatum al Governo fissando appunto nella giornata di mercoledì 26 la data ultima per la definizione delle misure per la crescita, in una conferenza stampa passata tuttavia agli onori della cronaca per lo sketch sulla fiducia che l’Europa ripone nel Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Spread di Belgio, Francia, Irlanda, Italia e Spagna (settembre – ottobre 2011) |
La particolare scelta del tipo di documento di inviare alla UE permette tuttavia di avere un documento di tipo programmatico da parte del Governo che consente di delineare quali dovrebbero essere le scelte politiche dell’esecutivo nella restante parte della legislatura, oltre ad un confronto con le dichiarazioni e le leggi messe in campo in passato.
La lettera è strutturata in un preambolo e quattro punti chiave piuttosto strutturati, ben suddivisi per argomenti chiave; si nota una maggiore organizzazione e chiarezza rispetto ad altri documento di matrice berlusconiana, probabilmente a causa sia del destinatario (i tecnici della UE anziché i parlamentari italiani o i simpatizzanti del PdL) sia a causa del fatto che il testo è stato pensato per essere letto e non per essere ascoltato.
L’introduzione offre una sorta di contestualizzazione delle ragioni per cui sarà necessario introdurre le misure sullo sviluppo, fornendo da un lato le indicazioni dei saldi delle manovre fino a qui approvate, e dall’altro evidenziando quasi in tono di autodifesa come i nostri problemi economici non siano nuovi, ma siano sempre gli stessi calati in un contesto differente.
Una simile puntualizzazione, tuttavia, è da rimarcare in quanto costituisce solo il primo dei passaggi in cui Berlusconi ed il Governo cercano di evitare qualsiasi responsabilità nella gestione dell’economia italiana negli anni della crisi internazionale: precisare che il nostro modello economico non era e non è adatto a sopportare una crisi economica della portata di quella attuale non è infatti rilevante ai fini delle riforme da mettere in atto, ma mette l’attuale esecutivo in una linea di continuità ed equivalenza con i precedenti, paradossalmente cancellando le responsabilità dovute all’aver prima negato e minimizzato la crisi, e poi annunciato trionfalmente la ripresa della nostra economia senza che i dati suffragassero simili percezioni.
Al tempo stesso suona piuttosto vuota la rivendicazione di una crescita del debito rispetto al PIL migliore di quella degli altri Stati: la situazione italiana è talmente vicina al punto di rottura da rendere anche minimi peggioramenti molto più critici rispetto a peggioramenti molto più grandi da parte degli altri Paesi.
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La prima parte della lettera, intitolata “I fondamentali dell’economia”, illustra l’andamento di alcuni indicatori economici del Paese allo scopo di confrontarli con quelli degli altri Paesi d’Europa.
L’apertura è assolutamente roboante:
Il Governo italiano ha risanato i conti pubblici e conseguirà l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013.
Il semplice dettaglio delle affermazioni successive mitiga tuttavia questa affermazione: gli indicatori presi in considerazione sono PIL e relativo rapporto deficit/PIL, per i quali vengono presentare prospettive ottimistiche per il futuro – e correzioni sui dati del passato – senza riferirle alla nostra situazione attuale; inoltre vengono offerti dettagli spot relativi al nostro bilancio, indicando come informazione chiave la riduzione del rapporto debito/PIL a partire dal 2012.
L’idea che emerge da questi passaggi della lettera è quella di un Paese già avviato sulla via del risanamento, e questo psicologicamente lascia passare come messaggio l’idea che il Governo consideri quasi inutili le riforme che ci chiede l’Europa. Di nuovo, più che una rivendicazione del proprio operato, una mancata assunzione di responsabilità per quanto verrà approvato nei prossimi mesi.
[ad]La seconda parte della lettera, dal titolo “Creare condizioni strutturali favorevoli alla crescita”, è il cuore del documento (sei pagine su nove nella versione linkata) e riguarda proprio le riforme che il Governo si impegna a intraprendere dinanzi all’Europa per stimolare l’economia del Paese. Il capitolo si compone di un preambolo in cui vengono calendarizzati alcuni generici interventi di liberalizzazione della concorrenza e semplificazione normativa, nonché di riforma del mercato del lavoro, senza tuttavia entrare nel dettaglio, almeno in questo passaggio, delle modifiche da intraprendere.
Allo stesso modo viene affrontato il tema del dualismo nord-sud, dove viene dettagliato un flusso gestionale per l’utilizzo dei fondi europei ma solo un passaggio molto generico al loro effettivo impiego.
È nella parte successiva di questo secondo capitolo della lettera che trova spazio il capitolo di maggiore dettaglio dei programmi del Governo, strutturati in un elenco di nove punti:
- promozione e valorizzazione del capitale umano
- efficientamento del mercato del lavoro
- apertura dei mercati in chiave concorrenziale
- sostegno all’imprenditorialità e all’innovazione
- semplificazione normativa e amministrativa
- modernizzazione della pubblica amministrazione
- efficientamento e snellimento dell’amministrazione della giustizia
- accelerazione della realizzazione delle infrastrutture ed edilizia
- riforma dell’architettura costituzionale dello Stato
La lettera assegna molto spazio al dettaglio e alla spiegazione di questi punti, tuttavia, ad una lettura più approfondita, ci si rende conto di come buona parte del testo sia relativo a linee-guida di altissimo livello e al dettaglio dei provvedimenti già messi in atto dall’esecutivo. I provvedimenti concreti che il Governo intende mettere in campo nel prossimo futuro possono quindi essere riepilogati nel seguente elenco.
- Si propone una liberalizzazione della gestione delle rette universitarie unita ad una maggiore dipendenza dei finanziamenti statali sulla base dei parametri ANVUR; si tratta, specie nella prima parte, di una riforma da sempre nel cuore della destra italiana, è tuttavia da rimarcare che difficilmente avrà impatti immediati nel fronteggiare la crisi economica in cui versiamo
- In tema di occupazione vi sono riferimenti generici a misure di incentivo all’assunzione femminile e giovanile nelle aree del sud, senza che però il Governo esprima misure in grado di creare lavoro; riprendendo un tema forse più caro alla sinistra, l’esecutivo pare intenda varare misure di stampo puramente assistenzialista
- In tema di liberalizzazioni e concorrenza le uniche nuove misure di cui si parla sono quelle volte a favorire la concorrenza nel settore automobilistico (carburanti e assicurazioni), oltre ad un potenziamento delle autorità competenti in materia di concorrenza.
- A supporto delle imprese il Governo intende introdurre una fiscalità di vantaggio per le ricapitalizzazioni e più semplici sistemi di certificazione del debito.
- Lo snellimento della pubblica amministrazione verrà ottenuto con strumenti di cassa integrazione, riduzione del salario e del personale e progressivo affidamento a consulenze esterne.
- Defiscalizzazione per le imprese private che parteciperanno alla realizzazione di infrastrutture di utilità pubblica e utilizzo dei beni dello Stato come garanzia allo scopo di agevolare i mutui per le giovani coppie.
- Infine, una serie di riforme costituzionali volte a snellire l’architettura dello Stato, con riduzione del numero di parlamentari, abolizione delle province, introduzione del vincolo di bilancio in Costituzione e riforma dell’art. 41
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L’elenco fornito dal Governo appare tuttavia lacunoso da un punto di vista fondamentale: indipendentemente dalla bontà e dall’auspicabilità delle proposte, non spiega in che modo saranno reperite le risorse necessarie per le riforme onerose, e non spiega il razionale per cui quelle a costo zero non sono ancora state messe in atto.
[ad]Il terzo capitolo è intitolato “Una finanza pubblica sostenibile” e affronta il dettaglio delle voci di spesa dello Stato su cui il Governo intende agire per portare in attivo il bilancio del Paese e aggredire il debito pubblico.
Il capitolo è strutturato in paragrafi tematici, dedicati rispettivamente alle pensioni, alle dismissioni, al debito nel suo complesso, al costo degli apparati istituzionali, al pareggio di bilancio, oltre ad un capitolo conclusivo generico.
In realtà, come nel capitolo precedente, il grosso della lettera riguarda più un dettaglio dell’operato del Governo nei mesi passati che la descrizione degli interventi da intraprendere in futuro; così è soprattutto per il tema più caldo di questo periodo, quello previdenziale. Il veto della Lega Nord a ulteriori ritocchi al sistema pensionistico ha fatto sì che il paragrafo dedicato alle pensioni altro non sia che la spiegazione dettagliata delle riforme fino a questo momento varate, senza alcun impegno per il futuro.
Più corposo è invece il piano di dismissioni, che comporterà la vendita di immobili di proprietà statale allo scopo di eliminare ridondanze e favorire un uso più efficiente delle risorse, e un piano di privatizzazione forzata delle proprietà degli enti locali. Se da un lato si tratta di un modo per fare cassa ed eliminare gli sprechi, dall’altro una vendita forzata rischia di trasformarsi in una svendita dei beni pubblici, in cui lo stato di fatto cede a poco prezzo dei pezzi magari pregiati ai privati, i veri vincitori nello scambio.
Nei paragrafi successivi, oltre a ribadire l’impegno per la semplificazione dell’architettura istituzionale dello Stato, spicca solo il passaggio conclusivo, in cui il Governo si impegna a prendere qualsiasi misura, anche non dettagliata nella lettera, allo scopo di tenere sotto controllo i conti pubblici.
Il paragrafo conclusivo, “Conclusioni”, costituisce unicamente una chiosa finale, in cui non si fa che ribadire quanto il problema non sia nazionale ma sovranazionale, evitando una volta di più le necessarie ammissioni di responsabilità da parte del Governo.
La lettera, in ultima analisi e al di fuori delle dichiarazioni di circostanza pronunciate per calmierare i mercati finanziari, si presenta piuttosto povera di proposte concrete e incapace di dettagliare le modalità della loro messa in atto. L’esecutivo italiano sceglie una volta di più la tecnica della dilazione temporale – già nell’uso stesso di una lettera di intenti – e della negazione del problema strutturale che attanaglia il Paese – nella riproposizione parossistica delle riforme già messe in atto, quasi la scarsa fiducia nell’Italia fosse dovuta alla mancata conoscenza dell’operato del Governo.
Le istituzioni europee hanno accolto la lettera con calore, come era lecito aspettarsi, ma dietro i commenti di approvazione sono già arrivate le prime sollecitazioni a tradurre in realtà gli intenti del comunicato.
Ancora più di prima, il Governo Berlusconi si ritrova ad essere un osservato speciale di Bruxelles.