Era una domenica di novembre di sei anni fa. Per la precisione, il 18 novembre del 2007. In un contesto politico a lui assai favorevole, nonostante fosse all’opposizione, Silvio Berlusconi, durante una manifestazione a Milano, salì sul predellino dell’auto della scorta e annunciò lo scioglimento di Forza Italia e la nascita del “Popolo della libertà”, nuovo soggetto politico risultante dalla fusione dei due storici partiti del centrodestra, Forza Italia e Alleanza Nazionale.
Formalmente, in verità, il Pdl nacque un anno e mezzo dopo, il 29 marzo del 2009, quando Berlusconi e Fini, allora rispettivamente Presidente del Consiglio e Presidente della Camera, sciolsero i due partiti. Ma, nella testa degli italiani di centrodestra, che alle elezioni dell’anno prima gli avevano conferito un lusinghiero 37%, il partito esisteva già.
Sei anni, dunque, possono bastare per il “partito unico della destra”: lo stesso Berlusconi, infatti, ha ufficializzato ieri pomeriggio l’azzeramento del Pdl e il rilancio di Forza Italia, la vecchia creatura del 1994.
La decisione è stata presa, come di consueto, in maniera sostanzialmente unilaterale: al termine di un travagliato ufficio di presidenza, il Cavaliere ha ripreso le redini dei suoi, azzerato tutti gli incarichi e convocato un consiglio nazionale per l’8 dicembre (stesso giorno delle primarie del Pd) in cui verrà ufficialmente sancito il ritorno a Forza Italia. Un terremoto che potrebbe avere ripercussioni anche sulla tenuta del governo.
Linea dura quindi: l’azzeramento degli incarichi significa che il vicepremier Angelino Alfano non è più il segretario. E proprio Alfano, assieme agli altri quattro ministri (Lupi, Quagliariello, Lorenzin e De Girolamo) ha disertato ieri l’ufficio di presidenza commentando sarcasticamente: “E’ il mio contributo all’unità del nostro movimento politico”.
I “lealisti”, dunque, sono riusciti a portare l’ex premier dalla loro spingendolo a forzare la mano. Ora la palla passa ai “governativi”: Alfano e i suoi accetteranno di rientrare nei ranghi sotto la leadership, ancora una volta, di un Berlusconi pregiudicato, oppure daranno vita a qualcosa di nuovo, magari un soggetto politico moderato e ancorato ai valori del Partito popolare europeo, che si saldi con l’Udc di Casini?
Stando ai numeri, il ministro degli Interni ha con sé almeno 24 senatori, sufficienti a mandare avanti l’esecutivo e alcuni pezzi grossi dello stato maggiore pidiellino: oltre ai ministri, Alfano può infatti contare sul sicuro appoggio di Formigoni, Cicchitto e Giovanardi.
Nel frattempo la situazione politica resterà congelata per un mese abbondante. Il giorno del giudizio, per Letta e il governo, è già segnato sul calendario: l’8 dicembre, data in cui si conosceranno i destini del Pdl e il nome del nuovo segretario del Partito democratico (tutti i sondaggi dicono Matteo Renzi).