Il segretario dell’Anm Maurizio Carbone dell’associazione nazionale magistrati, nel corso del 31esimo congresso del sindacato delle toghe, parlando della legge Severino sull’incandidabilità dei condannati senza fare, però alcun esplicito riferimento al caso Berlusconi ha detto che la incandidabilità dei condannati in via definitiva a pene superiori a 2 anni è “un principio di etica” e “il fatto che ci sia voluta una legge per affermarlo dimostra la debolezza della politica”. “Ora ci sono dubbi sull’applicazione della legge”. Secondo Carbone dovevano essere gli stessi partiti a stabilire l’incandidabilità con i propri codici etici.
“Quando è stata approvata la legge Severino sull’anticorruzione – aggiunge Carbone – l’allora premier Monti e il Guardasigilli Severino dissero che si sarebbe potuto fare di più ma che non era stato possibile data la maggioranza parlamentare. Si tratta di un’ammissione di debolezza e di impotenza”.
Stesso discorso, secondo Carbone, va fatto per le tante questioni sui diritti fondamentali: “la debolezza politica – ha detto il segretario dell’Anm – costringe la magistratura a intervenire, come nel caso Ilva o per i temi bioetici, andando cosi a supplire di fronte a inefficienze od omissioni di un altro potere dello Stato, che, poi, invece di riconoscere il doveroso intervento dei magistrati, li attacca e li accusa di aver invaso il campo altrui”.
Michele Vietti (vicepresidente Csm) al congresso dell’associazione nazionale magistrati – “Le invasioni di campo” da parte dei magistrati “portano con sè il rischio di una generalizzata delegittimazione dell’ordine e soprattutto di evanescenza delle responsabilità all’interno di un vero e proprio cortocircuito istituzionale e politico”. E’ il monito che il vicepresidente del Consiglio superiore della Magistratura, Michele Vietti, rivolge alla platea del congresso del’Anm. “Evitiamo la tentazione di sostituirci alla legge, padrone assente” sottolinea Vietti, e osserva come “il sottrarsi alla logica del conflitto contribuirebbe alla rifondazione di un equilibrio ormai smarrito da tempo, mettendo in mora i soggetti istituzionali che devono attivarsi per fornire risposte, cosi’ riattivando il fisiologico metabolismo del corpo statuale”.
Vietti ha quindi invitato la politica a fare il “proprio mestiere” cioè le leggi. “Se ritiene che il quadro normativo vigente, entro cui i magistrati si muovono, non corrisponda alle esigenze collettive, lo modifichi. E cosi: se i presupposti delle indagini sono indefiniti, li definisca; se le indagini preliminari sono troppo lunghe, indichi un termine inferiore; e se soprattutto gli strumenti investigativi più invasivi, si prestano a ricercare i reati e non le prove, metta finalmente mano alla loro riforma”.