La Leopolda è appena finita, tra poco più di un mese Matteo Renzi conquisterà il Pd; poi, molto probabilmente, l’Italia. Seguono l’Europa occidentale, la Kamchaka, ed infine l’Universo. Intanto il fantomatico carro del vincitore si sta affollando di vecchi avversari e antichi rivali, convertitisi al renzismo nell’arco di una settimana e mezzo. Dopo Franceschini, Veltroni e Fioroni, ecco un elenco degli ultimi folgorati sulla via di Firenze.
Massimo D’Alema – Dopo aver aspramente combattuto Renzi (tentando, tra le altre cose, di ammazzarlo avvelenandogli la ribollita) D’Alema si è arreso e ha deciso di farsi renziano. Il passaggio politico non è stato però indolore: come pena per le ruggini passate, gli uomini del sindaco di Firenze hanno imposto a D’Alema di radersi gli amati baffetti, rinunciare al tanto amato completo “grigio DDR” e indossare la mise renziana: camicia bianca con maniche arrotolate e cravatta blu con la scritta “Adesso”. D’Alema sta adesso vivendo la sua nuova missione: in questo momento è a Gallipoli a convincere i pochi dalemiani rimasti a rinunciare al proprio credo e ad abbracciare la nuova fede.
Sandro Bondi – Perfino il fedelissimo coordinatore Pdl ha deciso di abbandonare il Cavaliere per entrare alla corte di Matteo. Riuscito miracolosamente a fuggire da Palazzo Grazioli, dove veniva tenuto in soffitta in catene, Bondi sta adesso tentando di ingraziarsi Renzi, dedicandogli giornalmente un’ode o una prosa, facendogliele recapitare direttamente a Palazzo Vecchio insieme a foglie di palma, unguenti preziosi, oro, incenso e mirra. Nonostante l’ego smisurato del Sindaco, difficile che Renzi lo nomini araldo ufficiale.
Giuliano Amato – Anche l’ex ministro, ex presidente del consiglio, ex saggio, ex socialista, ex Papa, ex ragazza di “Non è la Rai” (e l’elenco potrebbe continuare) sta tentando di salire sul carro del vincitore. Per farlo, Amato vuole liberarsi della triste nomea di professionista della politica che ingiustamente lo segue da anni, e starebbe così disperatamente tentando di ringiovanire la propria immagine: sabato, ad esempio, si è presentato alla Leopolda armato di Smartphone, cappello con visiera all’indietro e tuta fluorescente Adidas. Il dottor Sottile sta persino prendendo ripetizioni di inglese, esperanto e slang giovanile e ha cominciato a farsi chiamare non più Illustre Egregio Cavalier Professor Amato, come usava un tempo, ma più renzianamente “Giuliano”, e a sostenere di non aver mai fatto politica prima d’ora. Renzi starebbe pensando a lui come prossimo Ministro del Tesoro (duecentocinquantesima poltrona in carriera) in un suo governo.
Partito Anarchico-Marxista-Leninista-Maoista-Stalinista Italiano – Incredibile a dirsi, ma anche gli estremisti del PAMLMSI, minuscola sigla della sinistra extraparlamentare che appare solo nel periodo pre-elezioni per invitare gli italiani alla dittatura del proletariato, alla collettivizzazione dei mezzi di produzione ed alla cottura dei bambini, hanno deciso di abbracciare il renzismo. Da qualche giorno i suoi membri hanno mutato il nome del partito in un più semplice ed immediato PR (Partito Renzista), ed hanno sostituito il colore rosso del simbolo con un più renziano azzurro opale. Al momento stanno girando l’Italia a bordo di un camper sghangherato, tentando di convincere “le masse proletarie ad aderire alla proposta programmatica anticapitalistica e socialista del compagno Matteo”. Riscuotendo grande successo: sono passati da 15 a 18 membri.
Il bullo che menava Renzi a scuola – Giorgio “Giorgione” Bacci, compagno di scuola di Renzi alle medie ed alle superiori, è un brutto ricordo del Rottamatore. In gioventù Giorgione era infatti un violento bullo, e in quanto tale ha malmenato Renzi (all’epoca brillante studente, odiato dai compagni meno meritevoli) in maniera continuativa dall’85 al ‘91, procurando al giovane Matteo anni di ematomi, fratture e notevoli tracce psicologiche. Oggi Giorgione, dopo svariati problemi con la legge, fa’ il meccanico a Firenze. E ha deciso di diventare renziano. “Quei tempi di scontri e dissapori sono passati – ha detto Giorgione – sono convinto che Matteo possa fare bene all’Italia”. Il primo tentativo di riavvicinamento, però, non è andato a buon fine: appena lo ha riconosciuto, Renzi è scappato a gambe levate.