Il voto in Georgia, con le operazioni di scrutinaggio quasi concluse, non lascia adito a dubbi di sorta: Giorgi Margvelashvili, esponente di “Il Sogno Giorgiano” ha superato abbondantemente il 60% delle preferenze, David Bakradze, uomo del Presidente uscente Sakashvili che ha superato il numero massimo di mandati, del “Movimento Unito Nazionale” ha ricevuto poco più del 20%, al terzo posto la signora Nino Burjanadze di “Movimento Democratico – La Georgia Unita” che supera di poco il 10% dei consensi.
Secondo la commissione centrale sulle elezioni di Tbilisi ha votato per l’esponente del “Sogno Georgiano” molto più della metà degli elettori che si sono recati ai seggi quindi, anche se manca poco meno del 10% dei seggi, il risultato è praticamente sicuro.
Il nuovo presidente dell’ex Repubblica Sovietica della Georgia Margvelashvili non è personaggio noto alle cronache: nato a Tbilisi, classe ‘69, laurea in filosofia conseguita nella capitale georgiana e specializzatosi, invece, a Budapest.
Ha fatto anche la guida alpina per un’agenzia turistica del Caucaso, prima di lavorare per il National Democratic Institute for International Affairs, creato dagli Stati Uniti per guidare il consolidamento della democrazia nei paesi in via di sviluppo, e diventare Rettore dell’Istituto georgiano per gli affari pubblici.
Nel 2012 è stato nominato Ministro dell’Istruzione del Governo di Boris Ivanishvili, quest’ultimo, attuale Primo Ministro Georgiano, ha sempre definito Margvelashvili un “amico”, oltre a elogiarne le “capacità di management”, quindi l’ha scelto per rappresentare il partito di Governo “Sogno Georgiano” alle Presidenziali.
Puntando sul candidato del Partito di Governo la Georgia ha scelto di chiudere la stagione cominciata nel 2004, con la rivoluzione pacifica detta “delle rose”, che ha visto protagonista il Presidente Sakhashvili, fiero sostenitore di una politica nettamente in contrasto con il vicino russo, considerato ormai come l’emblema di un regime criminale contrassegnato dall’emigrazione di massa e duro contrasto all’opposizione interna.
Il punto forte della campagna elettorale di Ivanishvili, capo del governo che da poco ha annunciato le dimissioni (visto che il suo “obiettivo” cioè “una Georgia multipartitica” è stato raggiunto), e del nuovo Presidente Margvelashvili è stato, infatti, proprio il riavvicinamento alla Russia di Putin, dopo anni di “dispute” territoriali.
Lo “zar” non permetterà mai che Ossezia del Sud e Abhkazia diventino repubbliche autonome e indipendenti, tantomeno “georgiane”: dopo la crisi del 2008 ha recintato con filo spinato i confini delle due regioni che vorrebbero staccarsi da Mosca, oltre a portare nuove truppe nelle “enclave”.
La Georgia prima di affidarsi ai due esponenti di spicco di “Sogno Georgiano” poteva puntare alla protezione della NATO, avrebbe potuto persino diventare membro dell’Alleanza Atlantica che d’altra parte le riconosceva il “controllo” delle due regioni “secessioniste” russe, il risultato delle urne ha indicato, invece, la necessità per gli elettori di superare l’empasse con Mosca.
Le trattative potrebbero già essere cominciate: alcuni prodotti georgiani sono tornati sul mercato russo.