Tutta Bologna aspettava con trepidazione l’arrivo in città di Aung San Suu Kyi: Palazzo d’Accursio strapieno e folla davanti ai maxischermi per un esempio di forza e resistenza senza eguali nell’età contemporanea.
Dopo Roma, anche la città emiliana si è unita questa mattina per consegnare alla donna birmana la cittadinanza onoraria: a parlare, oltre al sindaco Virginio Merola che ha sottolineato la presenza della parola “libertà” nello stemma di Bologna, anche la presidente del Consiglio comunale Simona Lembi e Gianni Sofri (professore che nel 2008 propose la cittadinanza onoraria), che con voce e mani tremanti ha ringraziato San Suu Kyi per «Averci aiutato a tenere accesa anche noi la fiaccola della speranza». Dopo la consegna, l’intervento della diretta interessata, che si è lanciata in un ringraziamento di circa 10 minuti senza nemmeno degli appunti sotto gli occhi, ma pronunciando linearmente e con il sorriso parole sentite e sincere. Parla più volte di suo padre – capo della fazione nazionalista del Partito Comunista della Birmania – come un elemento di unione per il suo popolo; ringrazia il professor Sofri per averle detto le stesse parole che le disse il Dalai Lama, ovvero di non essere mai stata sola.
Esalta il suo amore per l’Italia e dice, affermando che quella sia la sua filosofia, che «La base della democrazia è nel riconoscimento del disaccordo, come punto di partenza per la riconciliazione». Spicca infine una massima che forse riassume al meglio la sua condizione: «Non è tanto importante la libertà di esprimersi, quanto la libertà dopo che ci si è espressi».
Dopo la consegna dell’onoreficenza, durata circa 45 minuti, tutti si spostano nell’Aula Magna di Santa Lucia per la consegna della Laurea ad honorem in filosofia, proposta nel 2000 dal professor Walter Tega.
Apre la cerimonia il Rettore dell’Alma Mater Studiorum Ivano Dionigi, che si sofferma anch’egli sul concetto di Libertà: «L’università per sua storia e per sua natura è libertà. Extraterritoriale ed extrapolitica, per cui internazionale […] insegna a distinguere i fini dai mezzi e i diritti dai doveri» e aggiunge: «Nessuno potrà mai godere della libertà finché non ne godranno tutti in tutto il mondo.»
Segue, sempre da parte del Rettore, la laudatio con cui si sintetizzano i fatti salienti della vita di una bambina che ha perso il padre a due anni, di una giovane laureata ad Oxford, di una donna costretta ad oltre 20 anni agli arresti domiciliari, di una leader politica e un premio Nobel per la pace. La cerimonia prosegue secondo il rito medievale: la consegna della Magna Charta delle università europee, dell’anello che rappresenta l’alleanza tra il neodottore e l’università e dell’abbraccio della pace tra San Suu Kyi e Dionigi.
E poi l’atteso intervento della neolaureata, in cui spicca la conclusione :«Vi sono grata non per la laurea, per l’anello o per il libro, ma per lo spirito e per il cuore che avete dimostrato»
Negli occhi della leader birmana si legge l’esperienza, la sofferenza, la consapevolezza, ma il messaggio più evidente è che Aung San Suu Kyi, prima come adesso, non dà segni di volersi arrendere.