Datagate: Papa Bergoglio intercettato prima del Conclave?
Dopo l’esclusiva di Corriere della Sera e La Stampa, di qualche giorno fa la rivelazione che i leader mondiali in visita a San Pietroburgo per affrontare un delicato G20, svoltosi nei primi giorni di Settembre, sarebbero stati intercettati dagli agenti segreti russi grazie a “pendrive-spia” camuffate da semplici gadget ricordo, ancora una testata italiana tiene banco sullo scandalo Datagate.
Infatti, nell’ultimo numero di Panorama in edicola dal 31 Ottobre, viene avanzata l’ipotesi che le intercettazioni ad “ampio spettro” della Nation Security Agency abbiano avuto tra i propri obiettivi anche Papa Francesco I, quando ancora era semplicemente il Cardinale Jorge Mario Bergoglio.
Secondo quanto anticipa sul Datagate il settimanale nella sua versione online: tra le telefonate intercettate ci sarebbero quelle in entrata e uscita dalla Domus Internationalis Paolo VI, proprio dove risiedeva il Cardinale Bergoglio, poi diventato Papa, insieme ad altri ecclesiastici.
La possibilità che le chiamate del successore di Papa Ratzinger possano essere state intercettate è avvalorata, rispetto a quanto ipotizzato da Panorama, dal fatto che Bergoglio è stato “monitorato” dall’intelligence americana sin dal 2005, risulterebbe dalla documentazione raccolta da Wikileaks.
Stando a quanto racconta Panorama, le chiamate, in uscita ed entrata dal Vaticano erano divise, dall’NSA, in quattro categorie: “Leadership Intentions”, “Threats of Financial System”, “Foreign Policy Objectives”, “Human Rights”.
Tutto lascerebbe pensare che anche importanti avvenimenti, come l’elezione dell’attuale presidente dello IOR Ernst Von Freyberg, fossero seguite molto da vicino dagli agenti Usa. D’altra parte CIA e NSA, secondo le affermazioni dei tedeschi del Der Spiegel, proprio a Roma avevano una delle loro maggiori centrali operative “non ufficiali”.
Mentre l’esclusiva del settimanale italiano rimbalza sui maggiori portali d’informazione a livello globale, Reuters per prima ha dato la notizia in lingua inglese poi ripresa dal Guardian e dal Telegraph, dall’Huffington Post versione americana, ma anche da O Globo in Brasile, Suddeutsche Zeitung in Germania, El Mundo in Spagna, fino ad arrivare a Voice of Russia e Al Jazeera, cominciano a emergere dei dubbi sul primo scoop targato dalla stampa italiana, quello delle g20 per capirci.
Frederik Vincent, un portavoce della Commissione Europea, riguardo alla puntata russa del Datagate, ha voluto precisare: “i risultati delle prime analisi non hanno evidenziato minacce particolari”. Le verifiche riguardo ai gadget del g20 “sono ancora in corso” ha poi aggiunto, “se ne occupano i servizi di sicurezza di Bruxelles”.
Il problema è che i controlli non sono dovuti a un “caso eccezionale” sono piuttosto “procedure standard quando i leader vanno in un paese terzo”. In pratica vengono controllati tutti gli oggetti che i leader riportano dalla “missione”, a maggior ragione se sono dati in omaggio e se sono oggetti tecnologici. Gli esperti hanno il compito di “verificare che sia tutto perfettamente pulito”: d’altra parte i servizi hanno disposto che i diplomatici non usino oggetti forniti da altri, devono usare solo i propri. Dall’NSA dichiarano “le notizie riportate dal giornale italiano non sono vere”, tuttavia la notizia riportata da Panorama non è la sola a riaprire il Datagate.
Il Washington Post, setacciando i documenti di Snowden, ha scoperto che, al programma Prism, si affiancava il programma Muscular: quest’ultimo aveva come “bersagli” Yahoo e Google.
L’NSA, insieme agli omologhi inglesi del Gchq, entrando nelle banche dati, appunto, di Google e Yahoo, è riuscita a raccogliere account, contenuti e-mail, messaggi di testo e metadati (orario e nome del mittente e del destinatario del messaggio).
181 milioni di nuove informazioni in un solo mese: il documento di Snowden, al quale il Washington Post fa riferimento, è datato 8 Gennaio 2012 e si riferisce ai 30 giorni precedenti.
Anche questa notizia per il Gen. Keith Alexander, numero uno dell’NSA, è falsa. Se non bastasse tutto questo, per gettare nuovamente nello scompiglio le Relazioni Internazionali, arriva anche un’importante rivelazione di Le Monde: i servizi segreti francesi, italiani, israeliani e svedesi avrebbero contribuito attivamente ai programmi di spionaggio generalizzato dell’NSA.
In particolare, riferiscono da Le Monde, l’intelligence francese (Dgse) avrebbe stipulato un accordo segreto di reciproco “scambio dati” con gli americani: secondo il protocollo toccava ai francesi intercettare le comunicazioni che passavano attraverso cavi sottomarini, per poi stoccare i metadati e inviarli negli USA in blocco senza una “selezione a monte”.
I cavi sottomarini attraverso i quali passano i dati provenienti dall’Africa e dall’Afghanistan passerebbero anche da Italia, Svezia, Israele secondo una “geografia marina” che ha dettato l’interesse dell’NSA a stipulare intese segrete con i servizi segreti di tutti questi paesi.
Meno “fantascientifico” il racconto di El Mundo, invece, che resta comunque, a dir poco, inquietante: i servizi spagnoli non si sono limitati in questi anni semplicemente a permettere agli americani di reperire, indiscriminatamente, dati coperti dalla privacy, ma loro stessi erano un “anello” fondamentale nell’operazione americana.
Senza la copertura e le facilitazioni ottenute dai servizi spagnoli, il lavoro dell’NSA (comprese le intercettazioni al futuro Papa) sarebbe stato molto più difficile, quasi impossibile da tenere segreto, così a lungo.