Quagliariello: “Andare al voto? Non ci conviene”
Passato il giorno del voto sul voto, cioè della decisione della Giunta per il regolamento sullo scrutinio palese a proposito della decadenza di Silvio Berlusconi, riemergono le differenze di posizioni nel Pdl. Si preoccupa di farle vedere uno dei più noti esponenti “governativi”, il ministro Gaetano Quagliariello: intervistato dal Corriere, dice senza giri di parole che dopo Letta non ci sono per forza le urne.
”Se il governo cade, non si va sicuri al voto – spiega con precisione – a questa strana maggioranza che abbiamo potrebbe subentrare, sia pure per poco tempo, una maggioranza stranissima“. Forse somiglia alla “maggioranza silenziosa” annunciata da giorni dal Gal Paolo Naccarato, forse non coincide in pieno, ma l’eventualità c’è. E, se lo dice Quagliariello, è probabile che lo sappia avendo fatto i conti con precisione.
Si spiega tranquillamente, così, il “consiglio interessato” dato ai suoi compagni di partito: “Suggerisco ai miei colleghi del Pdl, che premono perché venga giù tutto, di valutare bene ciò che è accaduto a Palazzo Madama. Dove, tecnicamente, si sono determinati due schieramenti. Da una parte: Pd, M5S, Sel e Monti; dall’altra Pdl, Lega, Udc e un pezzo di Scelta civica”. Più che a Palazzo Madama, Quagliariello si riferisce al voto di Giunta di ieri, che peraltro non tiene conto delle due componenti del Pdl, visto che nell’organo del Senato erano rappresentati solo i “falchi” del partito di Berlusconi.
Non nega Quagliariello che il governo di cui fa parte sia sottoposto a varie tensioni, cui potrebbe non resistere (“Il governo è su un ramo, e questo ramo cercano di segarlo in tanti”, nel suo partito come nel Pd, con il solito contorno di accuse incrociate). Parla di “un buon numero di persone” (Alfano compreso) che nel Pdl stanno cercando di impedire che il ramo sia segato. E per lui il governo dura (e i numeri si trovano) se il governo porta a casa le riforme istituzionali, evita di alzare le tasse e non fa salire lo spread.
Sulla possibilità di un ritorno al voto in tempi brevi o brevissimi, come più volte auspicato dal Pdl, il ministro però non ha dubbi: al suo partito non serve. “Elezioni anticipate in questo momento possono convenire solo a Grillo e a Renzi ma non certamente al centrodestra”. Andare al voto ora, dunque, porterebbe benefici soprattutto al probabile nuovo leader del Pd, “regalandogli la battaglia delle riforme, compresa quella della Giustizia, di cui è diventato improvvisamente paladino” mentre Quagliariello rivendica il tema come terreno del centrodestra.
Nel frattempo c’è il problema della leadership: “Dobbiamo prendere atto che il ruolo di Berlusconi resta carismatico, ma la sua posizione istituzionale è modificata”, tra l’altro non per colpa della legge Severino, ma di una decadenza che – pur originata da una “sentenza ingiusta” – si produrrebbe comunque. Il programma a medio termine, dunque è un altro: il partito, secondo il ministro, “nei prossimi dodici mesi deve innanzitutto lavorare sodo per il Paese: poi dovremmo affidarci allo strumento delle primarie”.
Gabriele Maestri