Enrico Letta: “avanti fino al 2015”
Nell’ambito del “Progetto Europa” Fabio Martini, giornalista de La Stampa, ha intervistato il presidente del Consiglio Enrico Letta. L’ex vice segretario democratico ha lungamente risposto alle diverse domande sottoposte. La sua formazione europea (l’attuale premier è vissuto a Strasburgo, si è laureato in Scienze Politiche e relazioni internazionali e si è specializzato in “Diritto delle comunità europee”) gli ha imposto di iniziare l’intervista con un monito all’opinione pubblica dell’Unione: “c’è una grande sottovalutazione del rischio di ritrovarsi nel prossimo maggio il più anti-europeo Parlamento europeo della storia, con una crescita di tutti i partiti e movimenti euro-scettici e populisti, in alcuni grandi Paesi e anche in altri più piccoli. E con un effetto molto pericoloso sul Parlamento europeo. Urge una grande battaglia europeista”.
Letta non ha paura a scagliarsi contro i partiti e movimenti demagogici. Per questo pensa che bisogna avere uno sguardo d’insieme e non guardare esclusivamente il risultato della propria nazione. Se, complessivamente, i populismi dovessero superare il 25% la situazione sarebbe preoccupante. In Italia, per il premier, il rischio maggiore è il M5S il quale, più che mai alle elezioni europee, può esprimere la sua demagogia più che mai. Incalzato dal giornalista de La Stampa, circa la composizione e la provenienza di quegli otto milioni di voti grillini, Letta parla di incapacità dei partiti politici tradizionali (della seconda repubblica) per aver “impiegato troppo tempo a rinnovarsi e a tagliare i propri costi”: vi è bisogno “ dell’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti e della riforma elettorale”, così da riavvicinare i cittadini. Ed a corollario di tutto questo “serve un generale rinnovamento e ringiovanimento delle leadership dei partiti.
Letta non è da meno tra coloro che vogliono che vogliono mettere alla porta i conservatorismi, sia nel partito che nella coalizione. Si deve cambiare. Per farlo bisogna modificare la Costituzione attraverso le riforme. L’obiettivo, annunciato in quest’intervista, è quello della “riduzione dei parlamentari, la fine del bicameralismo, una nuova legge elettorale” entro l’estate 2014. Poi afferma, con un attimo di esitazione, “nel 2015 si torni a un confronto elettorale nel quale i cittadini possano scegliere tra due opzioni e questa scelta porti poi alla espressione di un governo”. Sarà possibile durare fino al 2015 anche perché, secondo il democratico di Pisa, nel 2014 verranno centrati cinque grandi obiettivi: giù il debito come la spesa pubblica primaria e le tasse; il deficit scenderà sotto il 3% del Pil e ci si avvierà a fermare l’aumento della disoccupazione.
Riprendendo le fila del discorso sull’Europa e sull’Unione Europea, il concetto di Letta non scivola sulla banalità dell’usuratissimo slogan “serve più Europa”. Il premier parla infatti di un programma preciso che permetta il vero e proprio coinvolgimento politico di tutti i paesi europei. Bruxelles deve diventare il centro politico dell’Unione, non solo apparentemente come lo è stato per questi anni. Deve diventarlo concretamente. Obama deve rapportarsi con Bruxelles, non solo con le capitali del vecchio continente. Invece Bruxelles non l’ha mai visitata. La Bce è l’unica istituzione forte e singolo sfogo dei paesi: lì “responsabilità e pesi dovrebbero essere delle politiche economiche”. Vi è insomma troppa “timidezza nella battaglia politica”. L’esitazione Ue può essere fatale da qui a giugno, mese delle elezioni europee. Serve un “grande progetto giovani” contro la disoccupazione ed un piano di rilancio delle imprese, volto alla internazionalizzazione delle stesse.
L’ultimo argomento trattato dal presidente del consiglio è stato quello dell’immigrazione clandestina; “Grillo ha preso le stesse posizioni di Bossi spiazzando i suoi stessi elettori. In un paese solidale come l’Italia, la paura del diverso è ancora forte, ma resto molto fiero della decisione di aver scelto Cecile Kyenge come ministro dell’integrazione”. E, rilegando i fatti di Lampedusa con l’Ue, si dichiara “sufficientemente soddisfatto” delle (poche) risorse poste da Barroso per il dramma. E’ appagato però della reale volontà del presidente della Commissione Europea di affrontare il problema immigrazione, pur con un pensiero costante di fondo: “La chiave è questa: o lo risolviamo tutti assieme in Europa, oppure questo problema non si risolve”.