Sabato 17 Ottobre entrerà ufficialmente in vigore nel Cantone di Ginevra quello che, al momento, risulta essere il salario minimo legale più alto al mondo.
I quasi 170mila elettori che si sono presentati alle urne lo scorso 27 Settembre, hanno avuto modo di esprimersi sul quesito posto dal referendum d’iniziativa popolare n.173, che ha riscontrato il 58.16% delle schede favorevoli, contro il 41.84% dei voti contrari.
Il referendum – supportato da una coalizione di sindacati e partiti di sinistra, tra cui anche il Partito Socialista ed il Partito Ecologista – vincola ora il Gran Consiglio del Cantone ad approvare una legge che porti a 23 franchi (circa 21 euro) il salario minimo orario, per arrivare sino ad un minimo mensile garantito – calcolato in base alle 41 ore di lavoro settimanali – di 4.086 franchi (circa 3.800 euro).
Il risultato del referendum è stato accolto con stupore dai media locali, in quanto gli elettori avevano avuto modo di esprimersi sulla questione già in due occasioni – nel 2011 e nel 2014 – rigettando entrambe le volte la proposta. Le cause di questo cambio di rotta da parte dei votanti ginevrini è da ricollegarsi alla crisi economica derivante dall’epidemia di Covid-19, che ha colpito duramente l’economia locale.
Non avendo la Svizzera alcuna legge federale che preveda un salario minimo, Ginevra si unisce dunque agli altri tre cantoni con una legislazione in materia – Neuchatel, Jura e Ticino.
A partire dal 1 Novembre – giorno in cui la legge comincerà a produrre i suoi effetti – più del 6% di chi lavora nel Cantone vedrà la propria busta paga sensibilmente appesantita.
Ginevra supera quindi l’Australia nella classifica dei territori con il maggior salario minimo, avendo superato di non poco la soglia dei 2.520 euro garantiti a chiunque lavori nel Paese Oceanico. Tra i maggiori Paesi non europei, anche Nuova Zelanda (1.761 euro), Regno Unito (1.530 euro), Giappone (1.213 euro) e Stati Uniti (1.189 euro) prevedono una legislazione federale al riguardo. Molti altri Paesi – tra cui anche Canada, Brasile e Cina – affidano invece ai propri Stati autonoma libertà legislativa in materia.
La grande maggioranza dei Paesi appartenenti all’Unione Europea garantisce un salario minimo a chiunque lavori entro i propri confini, con l’eccezione di Austria, Cipro, Svezia, Finlandia, Danimarca ed Italia.
A guidare la classifica c’è il Lussemburgo (1.925 euro), seguito da Paesi Bassi (1.508 euro), Belgio (1.502 euro) e Germania (1.473 euro). All’ultimo posto, invece, si trova la Bulgaria, che garantisce ai suoi lavoratori poco più di 214 euro al mese.
In Italia, nonostante il dibattito sia aperto da decenni, non è al momento previsto alcun minimo salariale. C’è da dire, però, che il nostro ordinamento tende ad affidare alla contrattazione collettiva la definizione delle soglie minime da rispettare in ciascun settore dell’economia.