ANM al rinnovo tra ferite aperte e ombre di scissione
9149 magistrati iscritti. 7100 elettori. 155 candidati. 36 posti. Dal 18 al 20 ottobre le toghe italiane sono chiamate a rinnovare il Comitato Direttivo Centrale dell’ANM, per la prima volta attraverso il voto telematico. Questa tornata elettorale sarà cruciale per il destino dei magistrati italiani, recentemente travolti da scandali, faide interne e ombre di scissione.
ANM: nozione e situazione attuale
L’Associazione Nazionale Magistrati rappresenta le istanze dei magistrati italiani dal 1909 (fu sciolta nel 1925 a causa del regime fascista e rifondata nel 1944). È, dunque, un organismo rappresentativo senza carattere politico, da non confondere con un’associazione sindacale. Ad oggi raggruppa quasi il 95% dei magistrati (9149 su 9657). Ha come obiettivi la tutela dell’indipendenza e del prestigio della magistratura e contribuisce alle riforme necessarie per l’ordinamento giudiziario. Gli organi principali dell’ANM sono l’Assemblea Generale, il Comitato Direttivo Centrale e la Giunta Esecutiva Centrale.
Il Comitato Direttivo Centrale (CDC) è composto da 36 membri, eletti ogni quattro anni con metodo proporzionale. Al suo interno vengono individuati i componenti della Giunta Esecutiva Centrale, nello specifico il Presidente, il Vicepresidente, il Segretario Generale, il Vicesegretario Generale, il Direttore della rivista “La Magistratura” e altri quattro eletti.
I mesi passati sono stati alcuni tra i più difficili nella storia dell’associazione. Lo scandalo che ha travolto le correnti della magistratura, la vicenda di Luca Palamara e, in generale, la situazione di grave crisi interna hanno portato il Presidente Luca Poniz di Area e il Segretario Giuliano Caputo di Unicost a presentare le dimissioni a fine maggio. Preso atto del mancato accordo per rifondare l’esecutivo dell’ANM, la giunta dimissionaria, ai sensi dello Statuto, è stata, quindi, costretta a traghettare le migliaia di iscritti fino a questa fatidica tornata elettorale.
AREA DEMOCRATICA PER LA GIUSTIZIA: i malumori di Magistratura Democratica
La prima lista candidata è il cartello di Area, nato dall’unione tra Movimento per la Giustizia – art. 3, capitanato dall’ex procuratore di Torino Armando Spataro, e la storica corrente progressista Magistratura Democratica. Proprio quest’ultima ha mostrato insofferenza negli ultimi mesi per alcune posizioni in contrasto con i membri di Area, in particolare sul caso Davigo. Qualcuno, addirittura, aveva parlato di una possibile corsa in solitaria per MD in vista di ottobre, ma lo stesso segretario di Area Eugenio Albamonte ha prontamente smentito ogni divisione. I candidati su cui puntano le “toghe rosse” sono Luca Poniz, presidente dimissionario dell’ANM che ha scelto all’ultimo di ripresentarsi, e Silvia Albano, giudice del Tribunale di Roma ed ex esponente di giunta.
Di seguito il programma in 10 punti:
MAGISTRATURA INDIPENDENTE – MOVIMENTO PER LA COSTITUZIONE: i fuoriusciti da Unicost
In corsa per l’ANM non poteva mancare la corrente più antica, Magistratura Indipendente, che ha deciso, però, di presentarsi in un nuovo formato. Questa volta, infatti, sarà affiancata da una nuova compagine, Movimento per la Costituzione, formata dai fuoriusciti da Unicost dopo lo scandalo Palamara. Tra i nomi spiccano l’ex segretario di Unicost Enrico Infante e l’ex vicepresidente dell’ANM Antonio Sangermano. Gli esponenti di MI sono consapevoli che l’elezione di ottobre possa rappresentare un riscatto dopo i contraccolpi passati, primo fra tutti la scissione di Autonomia e Indipendenza nel 2016.
Di seguito il programma in 10 punti:
AUTONOMIA E INDIPENDENZA: l’incognita Davigo
Resta in campo anche Autonomia e Indipendenza, la quale tuttavia non potrà essere guidata dal pm Piercamillo Davigo. Il prossimo 20 ottobre, il magistrato del pool di Mani Pulite raggiungerà il traguardo dei settant’anni, età pensionabile dei magistrati, e dovrà salutare le aule di giustizia. Senza il fondatore, però, in tanti si chiedono se il progetto di A&I sia in grado di proseguire o se invece sia più saggio voltarsi indietro e ricucire i legami con Magistratura Indipendente. Per il momento, tutte le decisioni sono rimandate al 19 ottobre, giorno in cui il Consiglio Superiore della Magistratura dovrà affrontare una vera e propria “patata bollente”.
L’abbandono della toga da parte di Davigo crea un enorme problema istituzionale. Il pm milanese fa parte del CSM in qualità di membro togato e, poiché dal 20 ottobre tornerà ad essere un comune cittadino, è in dubbio se la sua permanenza nel Consiglio sia legittima ed opportuna. Le posizioni delle correnti sul tema sono molto chiare: MD è dichiaratamente contraria. Dello stesso avviso sono MI e Unicost. Rimangono sconosciute le mosse dei membri laici, i quali riusciranno difficilmente a salvare il quasi ex magistrato.
A&I non ha pubblicato un programma ad hoc per l’elezione del 2020, bensì ha scelto di riproporre le idee e i valori fondanti presentati nel 2016:
UNICOST – UNITÀ PER LA COSTITUZIONE: il caos post Palamara
È scontato dire che Unicost sia totalmente allo sbando. L’affaire Palamara, ex leader indiscusso della corrente, ha provocato il fuggi fuggi generale, portando alla creazione del già citato Movimento per la Costituzione. Mentre alle scorse votazioni Unità per la Costituzione ha dimostrato di poter ottenere risultati degni di nota, ora il gruppo può presentarsi alle elezioni di ottobre con un unico scopo: sopravvivere.
Di seguito il programma in 10 punti:
ARTICOLO CENTOUNO – LISTA PER IL CDC: la new entry
La novità assoluta è rappresentata da Articolo Centouno – Lista per il CDC, una lista nata in totale contrapposizione con il sistema correntizio tradizionale. Tra i volti in gioco ci sono Andrea Reale, giudice di Ragusa, in passato esponente di Proposta B, e Giuliano Castiglia. La scommessa è se il nuovo gruppo riuscirà ad aggiudicarsi qualche seggio nel CDC. Un piccolo banco di prova è avvenuto nel distretto di Torino per l’elezione del Consiglio giudiziario, dove Articolo Centouno ha superato Area, Autonomia & Indipendenza e Unicost con 270 preferenze.
Data la recentissima discesa in campo, non è disponibile un vero e proprio programma dettagliato, ma solo tre cavalli di battaglia:
PALAMARA-GATE: è finita qui?
Sono stati scritti fiumi d’inchiostro sull’ormai famoso scandalo che ha coinvolto Luca Palamara, ex presidente dell’ANM ed ex componente del CSM.
È il 29 maggio dell’anno scorso e Palamara viene accusato di corruzione per aver ricevuto 40mila euro in cambio di una nomina. Il suo caso travolge l’attuale CSM a causa di un Trojan, una microspia-virus introdotta nel suo cellulare nel periodo in cui si era accesa la discussione sul successore di Giuseppe Pignatone alla Procura di Roma. Il terremoto si scatena nel 2020 quando la Procura di Perugia chiude l’inchiesta per corruzione e, depositando gli atti, rende pubblico non solo il contenuto delle intercettazioni del Trojan del 2019, ma anche delle chat di Palamara degli anni precedenti, il 2017 e il 2018. Da quel momento, viene scoperchiato il vaso di Pandora del sistema delle nomine, coinvolgendo una pletora di magistrati di ogni corrente e politici di ogni partito. L’ANM si trova, quindi, costretta a correre ai ripari, aprendo presso il Collegio dei Probiviri la procedura per l’espulsione di Palamara, cosa che avviene a luglio e confermata a settembre. Su un binario parallelo, viene attivato anche un processo disciplinare lampo al CSM, che si conclude il 9 ottobre con la sanzione più dura: la radiazione dall’ordine giudiziario.
Nonostante sembri tutto concluso, la polvere sotto il tappeto era ed è così tanta che Luca Palamara non ci sta e inizia a togliersi quelli che per lui sono sassolini, ma che per l’opinione pubblica sono macigni sulla credibilità dell’ordine giudiziario. Dopo aver illustrato per filo e per segno il funzionamento del mercato delle nomine, ora l’ex magistrato si spinge oltre fino a citare nomi autorevoli, come l’attuale Vicepresidente del CSM David Ermini.
Il quadro è chiaro: la pecora nera è stata espulsa e, proprio per questo, Palamara non ha nulla da perdere e non esiterà a vuotare il sacco su tutto e tutti. Quanti sassolini gli restano nella scarpa?
DAL 21 OTTOBRE
In tutta questa baraonda, l’ANM appare più disorientata e divisa che mai. Dopo i risultati del voto di ottobre ci sono serie probabilità che all’interno dell’Associazione Nazionale Magistrati si crei una scissione. Un magistrato che preferisce restare anonimo afferma: “Quando è iniziata la crisi legata all’indagine di Perugia, tutti gli altri gruppi lasciarono intendere in modo esplicito che Magistratura indipendente sarebbe dovuta restare sotto osservazione. È chiaro che un simile precedente crea una frattura difficilmente riparabile”. “Se l’esito del voto – continua la fonte – dovesse essere positivo per la lista “Mi- Mpc”, lo strappo rischierebbe di avvicinarsi. Se invece lo schieramento ottenesse un risultato molto sfavorevole, è plausibile che si limiterebbe a un’opposizione di testimonianza e a una traversata nel deserto, in attesa di tempi migliori”. L’ipotesi di un’inaudita scissione interna, impensabile fino a qualche mese fa, appare oggi sempre meno remota. Magistratura Indipendente e Movimento per la Costituzione, infatti, potrebbero trovare un valido appoggio in Articolo Centouno e creare un progetto di ANM alternativa.
Ecco che allora calano minacciosamente ombre oscure su una magistratura in profonda crisi esistenziale, in preda a recuperare la propria credibilità ed a tentare di salvarsi da sé stessa. Quale sarà il destino della componente sana della magistratura italiana?