Come ogni autunno, è in arrivo in libreria il nuovo libro di Bruno Vespa, gravido di numerosi retroscena sulla vita politica italiana.
Quest’anno il titolo scelto dal giornalista per il suo lavoro è “Sale, zucchero e caffè. L’Italia che ho vissuto da nonna Aida alla Terza Repubblica”.
Molte le indiscrezioni (centellinate giorno per giorno) e le interviste a famosi politici, tra cui spicca quella a Pierluigi Bersani, ex segretario del Partito democratico, che spiega le convulse settimane successive alla non vittoria elettorale e dice la sua sulla natura del governo Letta.
Pronti via e Bersani mette subito la scadenza all’esecutivo: “Non ho date per la caduta del governo ma il sistema politico non è a posto, occorre una svolta radicale e, prima o poi, questo discorso dovrà essere ripreso. Puoi dare la scossa da un lato o dall’altro – continua l’ex leader – ma il paese ne ha bisogno per ripartire, per ritrovare la fiducia. Io non credo che tale compito possa essere assolto dai governi di necessità, buoni per affrontare un’emergenza ma non per sanare una ferita come quella che abbiamo davanti”.
Bersani rivendica poi la scelta di aver fatto di tutto, nel periodo immediatamente successivo al voto, per costruire un’alleanza con il Movimento 5 Stelle, così da dar vita al tanto desiderato governo di cambiamento: “Il governo deve essere innovatore, se vogliamo ritrovare un po’ di fiducia. Sono i conservatori, semmai, che devono assumersi la responsabilità di farlo saltare”.
Ma quanto sarebbe potuta durare un’alleanza così eterogenea? “Certamente non meno di quella che sta facendo il governo di larghe intese. Ma se avesse fatto meno strada, avrebbe dato comunque un senso alla politica. Quello che ci rovina è il distacco dalla società”.
“Ho la certezza – prosegue Bersani – che, prima o poi, questa scossa dovrà arrivare. Io volevo smascherare l’impotenza grillina. O questi si chiariscono su quale mestiere vogliono fare, o devono pagare un prezzo”.
La chiusura è rivolta, ancora una volta, al grande pasticcio per l’elezione del Presidente della Repubblica, fattaccio che è costato la poltrona allo stesso Bersani: “Se le trattative di governo con loro (il M5S, ndr) si fossero svolte con un presidente della Repubblica eletto che avesse avuto sul tavolo la pistola dello scioglimento delle Camere, il quadro e le conclusioni sarebbero state diverse. Con Prodi? Anche con Marini avrei fatto assolutamente lo stesso tentativo. Non coltivo inimicizia nei confronti della destra, ma avrei voluto interpretare l’esigenza radicale di cambiamento senza dare spago al populismo”.