L’eterno ritorno del Lingotto
Correva l’anno 2007, quando Walter Veltroni, al Lingotto di Torino, illustrava quello che sarebbe dovuto essere, nelle sue idee, il Partito Democratico. Il nuovo partito doveva essere, secondo Veltroni, qualcosa di molto diverso dai DS e la Margherita che lo avevano preceduto, doveva uscire definitivamente da ogni strascico ideologico che ancora caratterizza molti Partiti politici, guardando piuttosto ad una battaglia ai Conservatorismi, doveva superare la Socialdemocrazia che in quel periodo iniziava ad arrancare in molti Paesi d’Europa in favore di un nuovo modello di Centrosinistra più simile a quello dei Democratici degli Stati Uniti, doveva superare l’idea che la classe dirigente del Partito venga nominata o scelta dai soli iscritti, in favore di un modello di Primarie aperte a tutti i cittadini, doveva puntare in primis sulle sue idee e sulla sua forza piuttosto che mettersi in un’alleanza fatta da innumerevoli partiti in continuo conflitto tra di loro (la cosiddetta vocazione maggioritaria). Un partito, nel bene o nel male, diverso da quelli che si erano visti fino a quel momento in Europa.
[ad]Tuttavia, quando Veltroni al Lingotto diceva “Ridare speranza ai nuovi italiani, ai ragazzi di questo Paese convinti, per la prima volta dal dopoguerra, che il futuro faccia paura” non si riferiva solo alla paura del futuro che hanno molti giovani Italiani, ma anche a quella che hanno avuto molti dirigenti, alla quale si è aggiunta una marcata volontà di non appogiare in pieno il progetto di Veltroni, che pian piano è infatti naufragato sempre di più. Inutile fare la cronaca dettagliata, ma per farla breve, nel Febbraio 2009, in seguito alla sconfitta del Centrosinistra alle elezioni Regionali della Sardegna, Veltroni lasciava la Segreteria del PD, venendo sostituito da Dario Franceschini, continuatore (seppur più debole), della linea Veltroniana, che, sconfitto nell’Ottobre dello stesso anno alle Primarie da Pierluigi Bersani, fautore di una linea politica più simile a quella dei DS piuttosto che allo spirito del Lingotto, gli lasciava la Segreteria del PD.
Oggi, dando un’occhiata alla linea politica del Partito Democratico, si ha la netta percezione che si abbia a che fare con un partito diverso da quello che Veltroni aveva in mente: un partito sicuramente più sbilanciato a sinistra (complici anche gli abbandoni del cofondatore Rutelli, che ha fondato l’ApI, e di moltri altri esponenti dell’area più moderata del Partito, in primis verso ApI ed UDC), come si può vedere anche dai recenti posizionamenti di due esponenti della Segreteria come Fassina ed Orfini contro la lettera della BCE all’Italia, ma che ha anche abbandonato ormai l’idea di essere un Partito a vocazione maggioritaria. Un partito in cui Veltroni ed il suo MoDem (la corrente che ha fondato insieme al Popolare Fioroni ed all’ex-Rutelliano Gentiloni) risulta essere minoritaria e, in quanto strettamente legata a Veltroni stesso, vista dai più come un fortino assediato della parte del PD rimasta fedele al suo primo Segretario.
C’è però da aggiungere una cosa: il PD, alla sua prima performance elettorale, nel 2008, quando il Centrosinistra veniva dall’impopolare esperienza del Governo Prodi, ottenne il 33,18% dei voti, ed oggi, che si trova all’opposizione di un Governo ancora meno popolare del Prodi II (e quindi secondo la logica dovrebbe puntare al 40%), sta esultando perchè i sondaggi lo considerano primo con circa il 26% dei consensi (che, per la cronaca, sarebbe il minimo storico). Forse qualcosa non quadra.
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