L’Istituto di Neurologia sperimentale del San Raffaele di Milano ha tradotto nella pratica le rivoluzionare scoperte dei Nobel Shinya Yamanaka e John Gurdon sulla convertibilità delle cellule adulte differenziate in nuove cellule staminali. Una tecnica basata sul trapianto di cellule della pelle si è dimostrata efficace nel contrastare il progresso degenerativo della SLA. Concrete sono le speranze di una vittoria piena della medicina su questo male.
E’ passato solo un anno dall’assegnazione del Nobel a Shinya Yamanaka, e la medicina si sta gia adeguando. Com’è noto l’anno scorso, il 2012, Shinya Yamanaka e il suo collega britannico John Gurdon, furono premiati con il Nobel per la medicina per essere riusciti a convertire cellule adulte differenziate in nuove cellule pluripotenti, una scoperta che per la sua portata fu salutata dalla comunità scientifica mondiale letteralmente come ‘l’inizio di una nuova era’, perchè aperta fu la possibilità di ‘riprogrammare’ le cellule, in pratica dargli ‘nuova vita’. E non ci è poi voluto molto tempo che la scoperta dei due Nobel trovasse una sua applicazione pratica, e con orgoglio si può ben dire che una volta tanto l’Italia si fa onore.
Una ricerca italiana pubblicata recentemente su Nature Communications dell‘Istituto di Neurologia sperimentale del San Raffaele di Milano, coordinata dal direttore della Divisione di Neuroscienze Gianvito Martino, ha infatti aperto alla possibilità di curare uno dei più terribili morbi, quale è la Sclerosi Multipla Amiotrofica (SLA), attraverso la ‘riprogrammazione’ o ‘conversione’ di cellule staminali della pelle in nuove cellule del sistema nervoso. La ricerca infatti dimostra con evidenza la facoltà delle cellule dell’epidermide di trasformarsi ex novo in cellule nervose, suscettibili quindi di adempiere a nuove funzioni e sopratutto correttamente. Ciò perchè, come ha rivelato lo studio di Yamanaka e Gurdon, il DNA delle cellule mature e differenziate contiene in sè tutte le informazioni genetiche necessarie affinchè queste siano poi trasformate in nuove cellule staminali, capaci quindi di assumere funzioni ex novo e di differenziarsi in altre cellule. Diversamente da quanto si è sempre creduto,dunque, la differenziazione delle cellule è un processo reversibile.
Da questa teoria l’equipe di ricerca dell’Istituto di Neurologia sperimentale del San Raffaele ha quindi avanzato l’ipotesi che, ricavando dallo stesso paziente cellule dei tessuti epidermici, è possibile, attraverso un trapianto che non conosce rigetto, convertirle in un nuove cellule nervose.
La tecnica fin qui adoperata dall’istituto di ricerca sembra essere molto promettente ed incoraggia a proseguire, sopratutto perchè evidente è la capacità delle cellule della pelle trasformate in staminali cerebrali di porre rimedio ai danni causati alla mielina dal progresso della sclerosi multipla e da altre malattie del sistema nervoso centrale. Da un punto di vista squisitamente scientifico comprendere quale sia la vera e prima causa della SLA non è ancora possibile, ma noti sono i danni provocati dal morbo al sistema nervoso, che colpisce, per l’appunto, prevalentemente la mielina, ovvero la guaina protettiva dei nervi, realtà che in quanto tale provoca una serie di danni psico-fisici rilevanti che pongono il paziente in uno stato di progressiva evidente disabilità.
Queste le parole di Gianvito Martino, direttore dell’istituto di Neuroscienze del San Raffaele di Milano:”la scoperta dei ricercatori del San Raffaele apre nuove prospettive per i malati di sclerosi multipla poiché potrebbe rappresentare la base per lo sviluppo futuro di terapie innovative a base di cellule staminali, in grado di affrontare la malattia anche quando questa si è già instaurata e il sistema nervoso del malato è già compromesso” Le cellule che infatti saranno trapiantate nei pazienti colpiti dalla SLA, saranno in grado di ricostruire la mielina e dunque di ridurre notevolmente i danni apportati al sistema nervoso. “La strada rimane comunque ancora lunga anche se i presupposti ci sono tutti. La speranza è quindi che nei prossimi anni tutto questo sforzo possa portare ad un miglioramento dell’armamentario terapeutico a disposizione dei malati con sclerosi multipla“, conclude Martino. E’ certamente una concreta speranza che farà piacere a molti e di cui ci si augura la vittoria piena della medicina