Dopo l’incidente alla centrale nucleare di Fukushima che ha sconvolto il Giappone l’Unione Europea aveva chiesto ai Paesi membri di avviare una serie di stress test sui 143 reattori in quel momento attivi all’interno dei propri confini (ridotti a 134 secondo i dati aggiornati al 21 ottobre 2011 della World Nuclear Association).
La ripartizione dei reattori, sempre dai dati della WNA, mostra:
- 58 – Francia
- 18 – Regno Unito
- 10 – Svezia
- 9 – Germania
- 8 – Spagna
- 7 – Belgio
- 6 – Repubblica Ceca
- 4 – Finlandia, Slovacchia, Ungheria
- 2 – Bulgaria, Romania
- 1 – Paesi Bassi, Slovenia
Il compito di approntare le test rules è stato affidato all’ENSREG (European Nuclear Safety Regulation Group), che ha stilato un documento di specifiche estremamente dettagliato, in cui venivano prese in considerazione evenienze che spaziavano dai terremoti alle alluvioni agli attacchi terroristici fino a interruzioni prolungate di energia elettrica.
Nel documento sono anche contenute le scadenze previste per la presentazione dei risultati deglistress test:
- 15 agosto 2011 – Bozza del rapporto a livello di singola centrale
- 15 settembre 2011 – Bozza del rapporto a livello nazionale
- 31 ottobre 2011 – Versione definitiva del rapporto a livello di singola centrale
- 31 dicembre 2011 – Versione definitiva del rapporto a livello nazionale
- 30 aprile 2012 – Peer review
[ad]Al momento, quindi, sono pienamente disponibili sul sito dell’ENSREG i draft dei report nazionali, mentre iniziano ad affluire i report definitivi a livello delle singole centrali.
L’evoluzione ed il monitoraggio degli stress test sono stati seguiti con attenzione dalla ONG ambientalista Greenpeace che, non appena raccolti i draft dei report nazionali non ha mancato di sollevare le proprie critiche sulla conduzione dei test e sulla compilazione del report, corredata da una mappa interattiva costruita tramite l’applicativo Google Maps.
Le carenze evidenziate da Greenpeace si pongono su due livelli.
In primo luogo, denuncia l’organizzazione, quanto finora consegnato dai quindici Paesi nuclearizzati (i quattordici della lista del WNA più la Lituania) della UE tralascia alcune situazioni che proprio il disastro di Fukushima impedisce di bollare come casistiche puramente teoriche: in molti report mancano, per alcune o per tutte le centrali, le simulazioni relative a malfunzionamenti contemporanei in più reattori – esattamente quanto avvenuto in Giappone – nonché quelle relative a casi di impatti aerei analoghi agli attentati al World Trade Center dell’11 settembre 2001.
Inoltre, riporta sempre Greenpeace, i report non sono corredati dalle necessarie informazioni relative all’evacuazione dei centri abitati circostanti le centrali e non è stato tenuto in debito conto l’invecchiamento dei reattori, ovvero le simulazioni sono state effettuate utilizando i parametri “di listino” senza tenere conto del deterioramento e dell’usura a cui sono sottoposti i componenti della centrale nucleare.
La seconda critica è tuttavia ancora più significativa: Greenpeace punta infatti il dito contro le profonde diversità che sistematicamente si riscontrano da uno Stato all’altro. Vengono evidenziati, a mo’ di esempio, due casi particolarmente significativi: il reporto della Repubblica Ceca impiega infatti appena 7 pagine – meno delle specifiche stesse fornite dall’ENSREG! – per sei reattori, laddove laSlovenia è stata in grado di produrre un documento di 167 pagine per le simulazioni sull’unico reattore costruito sul suo territorio nazionale. Una discrepanza enorme, che tuttavia – puntualizza Greenpeace – serpeggia in tutta la UE secondo precise dinamiche: sarebbero infatti i Paesi in cui lo Stato non è direttamente il controllore delle centrali nucleari quelli ad aver condotto fino a questo momento i test più rigorosi. Oltre al caso della Slovenia, viene infatti citato come report di alta qualità quello francese, per inciso lo Stato con il maggior numero di reattori sul proprio territorio e potenzialmente quindi quello con il compito più complesso in fase di compilazione.
Al contrario vengono indicati come estremamente lacunosi i documenti prodotti da Regno Unito eSvezia.
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[ad]Malgrado le rassicurazioni della UE nelle parole di Marlene Holzner, portavoce del Commissario all’Energia Günther Oettinger, che fanno notare come i dati siano ancora ampiamente parziali, le differenze emerse tra i vari Paesi possono sollevare alcuni legittimi dubbi non già sulla bontà delletest rules proposte, quanto su quella delle simulazioni realmente effettuate, e sugli eventuali interessi che si possono celare nei silenzi e nelle omissioni.
I differenti risultati ottenuti tra un Paese e l’altro, infatti, permettono non solo di evidenziare quanto dovrebbe essere ovvio, ovvero che quando un controllore controlla sé stesso è difficile che lo possa fare con il giusto approfondimento e la necessaria imparzialità, ma anche che, come hanno dimostrato la Slovenia e soprattutto la Francia, la compilazione di report di qualità era tecnicamente possibile nei tempi previsti dalla UE anche in questa fase di avanzamento.
Diventa quindi legittimo iniziare a sospettare delle lacune, pur concedendo il beneficio del dubbio e tenendo conto che il controllo finale dovrà essere fatto sui dati che saranno pubblicati a dicembre, proprio tenendo conto della fattibilità tecnica delle operazioni e della correlazione tra l’incompletezza delle relazioni ed il rapporto tra ente controllante e gestore delle centrali.
Il sospetto che emerge è che molti particolari siano stati volontariamente taciuti ed omessi proprio per non dover mettere nero su bianco le gravi lacune in termini di sicurezza di molte centrali europee.
Greenpeace sfrutta questo ragionamento per portare argomentazioni alla sua campagna contro l’energia nucleare nel suo complesso, facendone risaltare le pecche in materia di protezione della popolazione in caso di eventi catastrofici naturali o artificiali; ben più importante, tuttavia, è valutare l’atteggiamento della UE e delle successive peer review: è infatti evidente ad esempio che le relazioni della Repubblica Ceca, se non dovessero modificarsi nella versione dicembrina, sarebbero del tutto insufficienti comparate con quelle della Slovenia, e la UE non può e non dovrebbe in quel caso ritenere gli stress test superati.
Prima ancora che costituire una valutazione sulla sicurezza dell’energia nucleare in Europa, questi test permetteranno di comprendere l’atteggiamento delle autorità europee verso il business dell’atomo e capire se questa procedura di stress test avrà un reale valore conoscitivo e operativo sul futuro energetico del continente oppure sarà stata solo un proforma per calmare gli animi della popolazione dopo Fukushima e l’ennesima prova di inconsistenza politica dell’Europa unita.