All’indomani della conversione in legge del “decreto scuola”, il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, intervistata da Radio24, delinea l’attuale stato dell’università italiana, alle prese con fughe di cervelli e baronie di docenti troppo anziani.
Ed è proprio contro questi ultimi che il ministro punta l’indice: “A 70 anni i professori universitari, se fossero generosi e onesti, dovrebbero andare in pensione”.
Parole forti, quelle usati dalla Carrozza e, obiettivamente, largamente condivisibili: “I baroni- che oggi vogliono rimanere in ruolo oltre una certa età- offendono la propria università ma soprattutto i giovani. Prima di tutto bisogna pensare ai propri doveri. In un momento di sacrifici per tutti li facciano anche loro che hanno avuto tanto da questo mondo”.
I professori ordinari che sono alle soglie della settantina, dunque, dovrebbero lasciare spazio ai giovani e “offrirsi di fare gratuitamente seminari, seguire laureandi, oppure offrire le proprie biblioteche all’università”.
Il ministro si scaglia anche contro le scelte dei precedenti governi, che hanno bloccato il turnover e quindi gli organici del corpo docente universitario: “Abbiamo pensato di risparmiare, bloccando il turnover per anni, il che significa la morte nell’università e nella ricerca”. “Risparmiare sul turnover – spiega il ministro – significa chiudere le porte a ciò che è fondamentale per l’università: il ricambio generazionale”.
L’intervento del ministro si sofferma poi su uno dei più annosi problemi della cultura e, di converso, dell’economia italiana: la fuga dei cervelli. Aumentano sempre di più, infatti, i giovani laureati che emigrano per trovare quelle opportunità che il nostro paese non è più in grado di offrire.
Su questo aspetto, la Carrozza ha le idee chiare: “Le poche risorse che abbiamo trovato per la ricerca le abbiamo messe tutte su un programma per giovani ricercatori. Inoltre, ci sforzeremo di premiare gli atenei che hanno giovani ricercatori come responsabili dei progetti ricerca”.
Per quanto riguarda le prossime mosse in programma, il ministro mostra le tappe: “Nell’immediato futuro voglio far sì che per un’università costi meno chiamare una persona da fuori, favorendo così le carriere diagonali, rispetto a quelle interne. In secondo luogo voglio premiare chi è capace di attrarre studenti e professori stranieri in Italia. Siamo ai limiti della sopravvivenza, come sistema universitario”.
In conclusione, il ministro osserva che, per far sì che il sistema universitario italiano cresca, è necessario renderlo più attrattivo, anche dal punto di vista economico: “A differenza del passato, stavolta garantiremo il consolidamento dei ricercatori in arrivo dall’estero all’interno del sistema universitario. Non si può fare l’attrazione con i contratti a termine. Occorre rendere professore chi rientra, con una posizione decorosa e degna dello sforzo che ha fatto per tornare in Italia”.