Persi 400.000 lavoratori autonomi in 5 anni. Bortolussi: “Manca sostegno per disoccupazione”. L’allarme arriva dalla Cgia. Ed è brutale: dal 2008 hanno cessato l’attività circa 400.000 partite Iva. Il che significa 400.000 lavoratori dipendenti che hanno perso il lavoro. La ferocia della crisi mostra la sua vera faccia attraverso i dati dell’ufficio studi della Confederazione Generale Italiana dell’Artigianato (Cgia) di Mestre.
Il mondo del lavoro indipendente è sempre stato quello che poteva sperare di guadagnare di più ma, al contempo, è quello più esposto alle crisi economiche ed ai licenziamenti. “A differenza dei lavoratori dipendenti – sottolinea il segretario Cgia Giuseppe Bortolussi – quando un autonomo chiude l’attività non dispone di nessuna misura di sostegno al reddito.
Tranne i collaboratori a progetto che possono contare su un indennizzo una tantum, le partite Iva non usufruiscono dell’indennità di disoccupazione, di nessuna forma di cassa integrazione o di mobilità lunga o corta. Spesso si ritrovano solo con molti debiti da pagare e un futuro tutto da inventare”.
Fatti i calcoli del periodo di crisi finanziaria e poi di economia reale, ovvero dal 2008 ad oggi, sono il 6,7% dei titolari di partite Iva ad aver perso il lavoro, estinguendo la loro fonte di reddito. Continuando a prendere in esame il periodo 01/01/2008 – 30/06/2013, ogni 100 lavoratori autonomi sono il 7,2% ad aver cessato l’attività.
Il mondo dei lavoratori subordinati ha perso, invece, ‘solo’ 583.000 lavoratori, equivalente ad una contrazione del 3,3%. “Tassi, dice Bortolussi, che sono meno della metà di quelli registrati dai lavoratori indipendenti”. Per questo, ha continuato il segretario Cgia, “in proporzione,la crisi ha colpito in maniera più evidente il mondo delle partite Iva rispetto a quello del lavoro dipendente”.
Prendendo in esame la distribuzione della contrazione del popolo delle partite Iva, si può osservare che i lavoratori in proprio (agricoltori, artigiani, commercianti), sono diminuiti di 357.000 unità, per una contrazione del 9,9%. I collaboratori familiari crollano del 19,4%, ovvero sono ridotti di 78.000 individui. Non sono da meno i collaboratori occasionali o a progetto: meno 12%, equivalenti a 56.000 unità. Gli imprenditori, cioè coloro che hanno sottoposti dipendenti in attività strutturate sono scesi del 12,9%, cioè 37.000 unità.
In controtendenza, i soci delle cooperative e i liberi professionisti sono cresciuti, rispettivamente, di 2000 individui (+6,2%) e di ben 125.000 unità (+10,7%). Questi ultimi dati non devono comunque far sorridere: il bilancio è tutt’altro che positivo. Infatti, conclude Bortolussi, “la tendenza positiva fatta segnare dai liberi professionisti potrebbe essere riconducibile sia all’aumento del numero di coloro che hanno deciso di mettersi in proprio non avendo nessun’altra alternativa per entrare nel mondo del lavoro, sia all’incremento delle cosiddette false partite Iva“.
“In riferimento a quest’ultimo caso, ci si riferisce, ad esempio, a quei giovani che in questi ultimi anni hanno prestato la propria attività come veri e propri lavoratori subordinati, nonostante fossero a tutti gli effetti dei lavoratori autonomi. Una modalità, quest’ultima, molto praticata soprattutto nel Pubblico impiego”. Un Pubblico impiego che sembra non estraneo, quindi, ad un vizietto che, negli anni, ha messo in crisi il mondo del lavoro giovanile, già di per sé esigente, faticoso e severo.
Daniele Errera