La terra dei fuochi. Così la chiamano quella zona della Campania dove giornalmente vengono appiccati roghi. Tutti questi roghi non sono il diletto di qualche povero derelitto, sarebbero troppi anche per intere squadre di piromani. Vengono appiccati per necessità. La necessità di fare spazio per nuovi rifiuti, per poterne interrare di nuovi e per poter guadagnare.
Chi ci guadagna? La criminalità organizzata, la Camorra per coloro che vengono da fuori, “O sistema” per chi vive in Campania. Spesso i camorristi non si vogliono sporcare direttamente le mani. Danno 20, 30 euro ad alcuni immigrati che vivono intorno alle discariche clandestine sorte nel corso degli anni per appiccare gli incendi.
Al meglio che può succedere danno fuoco ai rifiuti “normali”, quelli che buttiamo tutti i giorni nei cassonetti i quali, bruciando nei sacchetti di plastica sprigionano la diossina, che provoca il cancro. Al peggio vengono bruciati rifiuti tossici, nucleari, amianto…
Una intera popolazione uccisa, distrutta, annientata dalla sua terra malata. La Campania felix non esiste più . Un intero territorio utilizzato dai romani come granaio dell’impero, insieme alla Sicilia, per la sua meravigliosa qualità della terra, è stato distrutto. La stessa terra dove sono nati dove sono cresciuti i figli e dove hanno deciso di vivere intere generazioni di persone oneste è sorto letteralmente sopra la monnezza.
Su 100 copertoni in disuso solo 20, al massimo 30 vengono smaltiti in modo legale. Il resto viene bruciato. A Napoli non è inusuale vedere gente che vende il pane in mezzo alla strada, messo in sacchetti e nei cofani delle auto. La gente lo compra perché costa poco: 50 centesimi, a volte meno, al chilo, quando il pane venduto nei forni costa, spesso, più di 2 euro al chilo.
Ma molti non sanno, o fanno finta di non sapere, che il fuoco che cuoce quel pane nei forni clandestini viene alimentato, se si è fortunati, con le bare usate e che dovrebbero essere dimesse in discarica come rifiuti speciali, se si è sfortunati con il resto di quei 100 copertoni di cui sopra.
Già Roberto Saviano, con il suo romanzo d’esordio Gomorra, che gli è costato la condanna a morte da parte del Sistema, aveva detto tutto questo. Molti, spesso i c.d. professionisti dell’antimafia, le avevano bollate come fesserie, come elucubrazioni di un giornalista fallito, un classico napoletano che sputa sulla sua terra per far soldi.
Gomorra uscì nel 2006. 9 anni prima, e precisamente nel 1997 raccontò tutto questo alla Commissione bicamerale d’inchiesta sui rifiuti, preseduta all’epoca da Massimo Scalia, fondatore di Legambiente, Carmine Schiavone.
Chi è Carmine Schiavone? Nato nel 1943 a Casal di Principe in provincia di Caserta, generale di Francesco Schiavone detto “Sandokan” a causa di una somiglianza con l’attore Kabir Bedi e capo indiscusso del clan dei casalesi, è stato per anni tra i capi della cupola campana, con sulle spalle l’ordine di almeno 500 omicidi.
Pentito dal 1993, diceva e raccontava tutte queste cose ad una commissione formata da esponenti politici e istituzionali, non tra amici o nei talk show televisivi. Schiavone non è, quindi, un pentito qualunque. Dalle sue dichiarazioni sono partite le indagini della DDA (Direzione Distrettuale Antimafia, n.d.a.) che poi avrebbero portato al processo Spartacus, il quale, iniziato nel 1998 e conclusosi nel 2010, ha portato a 16 ergastoli e altre 8 condanne che hanno duramente colpito il clan dei casalesi. Lo stesso “Sandokan” fu condannato all’ergastolo ma è tutt’ora latitante.
Le dichiarazioni di Schiavone fanno paura: raccontò, e racconta tuttora, il modus operandi della camorra campana. Guadagnavano circa 3 miliardi di lire al mese e almeno il 10% di questa somma la investivano nella corruzione. Una corruzione a 360 gradi, non solo politici ma anche magistrati, carabinieri, poliziotti e finanzieri, che dovevano dare delle dritte e tutelare il clan.
La nuova camorra doveva entrare nella politica, diventare una mafia dai colletti bianchi, stringere amicizie ed infiltrarsi nelle istituzioni senza sparare un solo colpo di pistola, ma laureandosi nelle migliori università e riuscendo a fare gli interessi dei clan.
Schiavone raccontò che tutte le cave di sabbia dalla Baia Domizia fino a Pozzuoli erano piene di rifiuti tossici. La storia era semplice e redditizia. I casalesi avevano covi e amici ovunque. Prendevano contatti o spesso venivano contattati direttamente da grosse società del nord Italia, di Roma, di Milano, di Pisa, di Verona, della Germania, dell’Austria e della Francia e si mettevano immediatamente d’accordo.
Smaltire i rifiuti costa. Smaltire quelli pericolosi e/o tossici costa ancora di più. I casalesi hanno una carta vincente: riescono ad abbattere del 90% questi costi, che per le imprese sono costi fissi e quindi non ammortizzabili. Se sei un imprenditore disonesto fai immediatamente due conti e accetti.
E così colonne di camion per decenni attraversavano tutta l’Italia e venivano a scaricare i rifiuti al sud: rifiuti farmaceutici, ospedalieri, chimici, fanghi termo nucleari, tutto interrato nei terreni di Santa Maria La Fossa, Grazzanise, Castelvolturno, Napoli, Caserta, Latina, città e zone dove i casalesi erano egemoni, dove avevano protezione, covi e amicizie influenti. Ma la loro influenza non finisce lì. I casalesi avevano, e hanno tuttora, protezione a Modena, Milano, Repubblica Ceca, Bulgaria, ovunque ci siano soldi da spartire e armi a buon mercato da prendere.
Non sono parole al vento, parole di un pentito seppur importante. Alla commissione Schiavone diede loro pile e pile di documenti contenenti i nomi di tutte le società che fecero affari con i casalesi e persino le targhe dei camion che sversarono i rifiuti. Quando fece queste dichiarazioni la commissione decise di secretarle. Non si capisce il perché.
Carmine Schiavone era conosciuto, si sapeva chi era ed erano già 4 anni che collaborava con la giustizia. Le sue parole erano anche corredate da documenti, non solo dalla sua statura criminale. Possibile che il governo allora in carica non sapesse nulla? Possibile che il Presidente del Consiglio Prodi, il Vice-presidente Veltroni, il Ministro dell’Interno Napolitano, il Ministro della Giustizia Flick, il Ministro dell’Ambiente Ronchi ed il Ministro della Sanità Bindi, non abbiano saputo alcunché di quello che stava succedendo in quella commissione?
Perché si è deciso di secretare queste dichiarazioni e di renderle pubbliche dopo 16 anni? Perché si sono dati altri 16 anni alla camorra per continuare ad inquinare un intero territorio e tutta l’Italia? Solo i male informati possono pensare che il problema sia solo campano. In quegli stessi terreni vengono prodotte le mozzarelle di bufala che vengono esportate in tutto il mondo, i pomodori che vengono utilizzati dalle più importanti aziende alimentari italiane ed estere, gli ortaggi che ogni giorno troviamo esposti nei nostri supermercati.
Perché si è deciso di tacere? Perché non informare tutta la popolazione di quello che stava succedendo? Perché non dare la possibilità ai campani di ribellarsi una volta per tutte al “Sistema” che li stava, e sta, continuando ad uccidere fin dalla loro nascita.
Il nuovo presidente della commissione antimafia Bindi, allora Ministro della Salute, aveva idea di chi era colui che faceva queste dichiarazioni? Per sua stessa ammissione la Bindi ha sempre detto di non sapere nulla di mafia e allora perché darle la presidenza della commissione parlamentare più importante d’Italia? Ad avviso di chi scrive ci vorrebbe una persona che sia quantomeno compente in materia.
Alla fine delle sue numerose interviste che Schiavone sta rilasciando ai media italiani, l’ex boss parla sempre dei voti che il clan riusciva a spostare: tra gli 80 e i 100 mila. Ed è un unico clan di una delle 4 associazioni criminali presenti in Italia. Forse è per questo motivo che la politica non “riesce” a sconfiggere le mafie.
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