Il Fiduciometro – l’analisi politica
[ad]A dicembre 2010 hanno votato contro la fiducia a Berlusconi l’ApI, i liberaldemocratici e l’MpA, mentre il gruppo delle minoranze linguistiche si è spaccato in due astensioni e un voto contro la fiducia. In quanto ai Repubblicani, Misiti aveva votato contro la fiducia, mentre Nucara e Pepe, all’epoca nel PdL, a favore.
Considerato il posto di viceministro recentemente offerto da Berlusconi a Misiti, si può ipotizzare un voto analogo a quanto visto nel 2010 con l’incognita dei deputati del SudTirolo – che potrebbero votare per disarcionare Berlusconi – ed il voto favorevole di Misiti.
Le quote di maggioranza e opposizione passerebbero quindi rispettivamente a 302 e 305 (oppure 302 a 303, supponendo l’astensione dei deputati altoatesini).
Ancora nessuna forza riesce a raggiungere la maggioranza assoluta, e pertanto occorre indagare una volta per tutte nel mare magnum dei deputati senza gruppo, quei cani sciolti che possono scrivere la parola fine all’esperienza del governo Berlusconi oppure mantenerlo ancora in vita.
Di questi 21, solo 5 votarono contro la fiducia contro i 15 che votarono a favore del Governo e l’unico assente, ma ben più importante di questo fattore è la provenienza di questi deputati.
In assenza di dichiarazioni che – si sa – puntano al gioco al rilancio e alla sensazionalità, può essere un buon modello assegnare un voto contrario alla fiducia per i parlamentarei fuoriusciti da forze di maggioranza, favorevole alla fiducia per coloro che provengono da forze di opposizione, ed il mantenimento del voto dell’anno scorso per i parlamentari già appartenenti al Misto.
In questo scenario avremmo quindi:
- 1 astenuto/assente (Gaglione)
- 13 contrari alla fiducia (Fallica, Giulietti, Mannino, Buonfiglio, Grimaldi, Iapicca, Micciché, Pittelli, Pugliese, Sardelli, Stagno D’Alcontres, Terranova, Versace)
- 7 favorevoli alla fiducia (Barbareschi, Belcastro, Iannacone, Porfidia, Ronchi, Scalia, Urso)
In realtà questo scenario pare essere troppo conservativo in favore di Berlusconi, dal momento che prevedere il rientro di così tanti voti da FLI sembra esagerato, mentre in casa PdL e PT vi sono diversi mal di pancia che potrebbero compromettere l’unità di questi gruppi parlamentari.
Uno scenario comunque cautelativo, di equilibrio estremo, che provocherebbe la caduta del Governo per pochissimi voti.
In tutto questo, dove il risultato si gioca sul filo del singolo voto, la goccia che potrebbe far traboccare il vaso è proprio il passaggio di Gabriella Carlucci dal PdL all’UdC, che sposterebbe un ulteriore voto, forse quello risolutivo, dalla maggioranza all’opposizione.
D’altro canto, non sono un mistero le trattative di Berlusconi con la delegazione radicale in Parlamento, un pacchetto di ben sei voti che potrebbe ribaltare le sorti della votazione: pur eletti nelle fila del PD, i militanti del partito di Marco Pannella non hanno mai fatto mistero di flirtare politicamente con il Presidente del Consiglio, ed il loro atteggiamento nelle ultime votazioni lascia pensare che Berlusconi possa avere proprio in loro la sua arma segreta.
Quel che è certo è che la maggioranza assomiglia sempre di più a quella che Prodi aveva in Senato nella scorsa legislatura: un Governo numerico con poche possibilità di governare davvero, appeso ai ricatti dei cani sciolti e alle prebende distribuite dal Presidente del Consiglio in forma di rimpasti e incarichi ministeriali, un Governo sonoramente bocciato per il proprio immobilismo dai mercati e dalle istituzioni internazionali.
Il contrappasso rispetto alle promesse del “governo del fare” suona quantomai doloroso.