Acque agitate a dritta. O a tribordo. Insomma, a destra, per farla breve. E non perché qualcuno abbia voglia di spaccare qualche partito (il livello di frammentazione è già notevole), ma perché piuttosto nelle profondità c’è chi sta lavorando per rimettere insieme i cocci, o almeno ci prova. In realtà i tentativi sono almeno due: se ha aperto per prima l’Officina Italia voluta da Fratelli d’Italia, in questi giorni ha avuto più risonanza il progetto di ridare vita ad Alleanza nazionale.
I timori di chi aveva paura di assistere alla nascita di un nuovo partito che annullasse (subito) le differenze delle varie forze in campo per ora sono stati messi da parte, per cercare di rendere concreto il progetto messo in campo soprattutto da Francesco Storace della Destra e da Adriana Poli Bortone di Io Sud. La formula scelta è quella della “Federazione di persone, movimenti e partiti”, dunque salvaguardando l’autonomia pur nella comunione di intenti.
La federazione
Il nome scelto per questa federazione è “Movimento per l’Alleanza nazionale“: oltre a La Destra e Io Sud, hanno firmato l’atto costitutivo Fli con il suo coordinatore Roberto Menia, Nuova Alleanza che in Sicilia rispolvera la coccinella (simbolo fugace di una convention aennina) e vede il ritorno alla ribalta di Domenico Nania, l’associazione Nazione sovrana (rappresentata da Oreste Tofani), il quotidiano Il Giornale d’Italia (rappresentato da Roberto Buonasorte) e Il popolo della vita – Trifoglio di Antonio Buonfiglio.
Spicca però soprattutto la firma di Luca Romagnoli, segretario del Movimento sociale Fiamma tricolore, che non solo di An non ha mai fatto parte, ma che ha lasciato il vecchio Msi proprio nel momento in cui si trasformava in Alleanza nazionale, seguendo Pino Rauti nella costituzione di un nuovo soggetto politico in continuità ideologica con l’esperienza precedente. E’ questo l’elemento di novità che segna questo esperimento politico e potenzialmente allarga la base dell’accordo.
Se infatti i soggetti fondatori della federazione si riconoscono come tratto comune la contestazione “in varie sedi dell’avvenuto scioglimento di Alleanza nazionale” (datato 22 marzo 2009, per ricomprendere anche la Fiamma tricolore precisano che per tutti loro sono diventati irrealizzabili gli scopi di natura politica che avevano contrassegnato la “fine” di An e, dopo l’annunciata fine del Pdl, cade anche la prospettiva del partito unico del centrodestra.
Il problema del simbolo
Gli otto membri della federazione, dunque, per il loro progetto si danno innanzitutto obiettivi politici, del tutto coerenti con quelli che hanno tradizionalmente caratterizzato la destra italiana: per averne prova, è sufficiente scorrere le pagine dell’atto costitutivo del Movimento (pubblicate dal Giornale d’Italia). Lo scopo principale e dichiarato, però, è scritto a chiare lettere: “consentire che il simbolo di Alleanza nazionale, nella sua integrità e continuità storica, venga presentato in tutte le competizioni elettorali“.
E’ questo il punto che ha provocato la reazione della Fondazione Alleanza nazionale, con il presidente Franco Mugnai che ha invitato a desistere dall’uso dell’emblema. “La Fondazione An è Alleanza nazionale, per volontà dell’ultimo congresso di An in forma partito – ci spiega Mugnai – quindi tutto ciò che riguarda An necessariamente concerne la fondazione“. Più esattamente, An intesa come partito (legalmente è un’associazione) è in liquidazione dopo la decisione dell’assise del 2009: “Tutto ciò che riguardava l’associazione-partito, compresi tutti gli asset, i beni e il simbolo – chiarisce il presidente – in ottemperanza alla volontà espressa all’ultimo congresso, è stato trasferito alla fondazione.”
Mugnai sottolinea che alla fondazione hanno aderito quelli che volevano aderire (in una prima fase, come da decisione congressuale, poteva partecipare solo chi era iscritto ad An all’atto dello scioglimento), così come altri stanno ancora aderendo. Non è in discussione l’operazione di Storace in sé: “Il dibattito politico non è solo lecito – continua Mugnai – è addirittura doveroso e opportuno; certamente che si parli di An anche da parte di coloro che non hanno mai aderito al partito o, pur avendo aderito, se n’è poi andato, è una cosa positiva e importante”. E allora, l’intoppo dov’è?
“Il problema che mi sono posto – sottolinea il presidente della fondazione – sulla scorta di quanto espresso dal consiglio di amministrazione e dei nostri partecipanti, era quello della spendita del simbolo in attività politiche, che è cosa diversa dal dibattito puro e semplice”. Quando parla del simbolo, Mugnai parla indirettamente anche del nome (“tanto più che il nome è ricompreso nell’emblema”), anche se al momento “Movimento per Alleanza nazionale” non sembra contestabile.
Se nel patrimonio della fondazione rientra anche il simbolo, per il presidente la conseguenza è ovvia: “Mi pare quindi ragionevole che, quando si parla di An, con la fondazione si debba cercare doverosamente un confronto: la spendita del simbolo quanto meno dev’essere concordata con la fondazione”. Non si tratta, dunque, di un “no” a priori: viene invece contestata la mancanza di ogni contatto o richiesta sull’uso dell’emblema a monte dell’iniziativa di sabato.
Come andrà a finire
E’ proprio questo, però, che non sta bene a Storace, come ha scritto chiaramente ieri: “Vorrei capire perché devo chiedere il permesso di votare per il partito che voglio. Noi non ci stiamo e siamo pronti ad una vasta campagna che parta sulla rete con l’hashtag #Ansenzapermesso, per significare il diritto degli elettori a non essere stressati dai capricci di una classe dirigente che sembra in preda all’impazzimento”.
Le parole di Mugnai vanno prese esattamente come sono, senza voler aggiungere o togliere nulla. Dunque non c’è, ad esempio, nessuna minaccia di azioni legali contro la “nuova” An, ma resta l’invito a desistere dall’uso del simbolo, anche per evitare alcune conseguenze spiacevoli: “Magari le sanzioni per le affissioni abusive vorrei evitare di pagarle come fondazione” chiarisce il presidente.
L’ostacolo maggiore al ritorno dell’emblema di An sulle schede, però, non verrà dalla Fondazione, ma dagli organi che dovranno ammettere gli emblemi. In base alle regole vigenti (e all’applicazione che finora è stata fatta), i simboli che sono stati rappresentati in Parlamento godono di una tutela particolare, soprattutto nell’interesse degli elettori che non dovrebbero essere confusi.
Tradotto in pratica, è quasi certo che gli uffici competenti non ammetteranno il contrassegno di Alleanza nazionale usato da Storace & co., perché la federazione non potrà (ovviamente) dimostrare di essere la stessa An presente alle Camere fino al 2008 e il tempo relativamente breve trascorso da allora potrebbe far credere agli elettori che le due formazioni coincidano.
Un esito simile, in realtà, i fondatori della federazione l’hanno messo in conto da subito. Nell’atto costitutivo, infatti, si legge che (in attesa di azioni da compiere perché il simbolo originale possa essere utilizzato) “la Federazione utilizzerà di volta in volta […] i simboli e gli emblemi che le saranno consentiti in riferimento alle legislazioni vigenti e precipuamente a quelle elettorali”.
Qualche modifica più o meno pesante dell’emblema (del testo, del colore), insomma, sarà necessaria. Su una cosa però non sembra esserci dubbio: una fiamma tricolore nel simbolo ci sarà.