Politica Svezia Norvegia…C’è chi in Svezia fa aperture politiche che fanno discutere e c’è chi in Norvegia resta amatissimo pur avendo perso da poco le elezioni. C’è un’economia in ripresa in Danimarca e c’è un’economia che genera pessimismo in Finlandia. In Scandinavia il dibattito politico viaggia a pieni giri.
In Svezia, sul finire della scorsa settimana il leader dei laburisti Stefan Löfven ha annunciato che nel 2014 il suo partito andrà alle urne con un proprio programma ma che poi sarà disposto a governare con tutti, eccezion fatta per i Democratici Svedesi che a Stoccolma sono il partito più a destra. Secondo Löfven, favoritissimo per la vittoria elettorale, i socialdemocratici hanno punti di contatti con i Verdi e con il Partito della Sinistra – entrambi all’opposizione – ma anche con il Partito Popolare Liberale e con i Partito di Centro – che invece da sette anni fanno parte del governo di centrodestra.
Chi prima, chi dopo, tutti hanno risposto. Jonas Sjöstedt, che tiene il timone del Partito della Sinistra, non ha gradito. “Se ci ritroveremo ad avere un governo conservatore che spinge per politiche conservatrici, quel governo non avrà il nostro supporto”.
E pure chi è stato oggetto di ‘interesse’ non è stato stregato dalle parole dei laburisti. Jan Björklund, leader del Partito Popolare Liberale e ministro dell’Educazione, ha infatti accolto con freddezza l’apertura: “Imbarazzante”, ha detto, “ quella di Löfven è una non-risposta. Dopo un anno di riflessioni è questo tutto ciò che sanno dire?”
Annie Lööf, travagliata leader del travagliatissimo Partito di Centro, ha risposto su Twitter: “Ci sono tre cose che non mi piacciono: 1) il socialismo 2) l’arroganza 3) le persone che non capiscono un no. Io dico no ai laburisti”. Insomma, la proposta di Löfven ha incontrato solo porte chiuse.
Quella del leader laburista è in effetti una mossa che ha sorpreso visto che prova a scardinare la tradizionale logica dei blocchi politici contrapposti. Non a caso Lena Mellin, commentatrice dell’Aftonbladet, ha ricordato che in 60 anni di storia mai in Svezia c’è stato un governo ‘bipartisan’: improbabile che gli elettori ne capiscano il senso.
Altrettanto improbabile è che centristi e liberali decidano di saltare la staccionata. Nick Aylott, docente di scienze politiche all’Università di Södertörn, ha sottolineato come per i due partiti sarebbe davvero difficile abbandonare la coalizione di centrodestra per la quale hanno lavorato tanto e grazie alla quale sono stati al governo per sette anni. Farlo a ridosso del voto, poi, potrebbe essere interpretato dall’elettorato come un segnale di inaffidabilità.
Già, ma siamo sicuro che la strategia di Löfven sia così semplice? In altre parole: siamo sicuro che l’orizzonte di Löfven arrivi solo all’anno prossimo? La domanda se l’è fatta sempre l’Aftonbladet, secondo il quale non è da escludere che i vertici laburisti guardino in realtà ben oltre le elezioni del 2014.
La convinzione tra i socialdemocratici, scrive l’Aftonbladet, è che né Annie Lööf né Jan Björklund rimarranno alla guida dei loro rispettivi partiti ancora a lungo. Le parole di Löfven sarebbero dunque una mano tesa verso un elettorato oggi accasato nel recinto del centrodestra, ma che nel prossimo futuro (dopo quella che pare una certa sconfitta elettorale) potrebbe muoversi altrove.
In Norvegia, nel frattempo, l’azione del neo governo conservatore è entrata nel vivo. L’esecutivo guidato da Erna Solberg ha illustrato le proprie correzioni a quella manovra di bilancio che era stata l’ultimo atto della coalizione rosso-verde sconfitta alle elezioni dello scorso settembre.
Le proposte del centrodestra prevedono più soldi per le infrastrutture stradali e più fondi per la polizia. Alcuni capitoli di spesa sono stati rivisti. E poi c’è il taglio fiscale promesso in campagna elettorale. Siv Jensen, che è leader del Partito del Progresso e ministro delle Finanze, ha dichiarato che questo bilancio rafforzerà settori come l’educazione, la sanità, i trasporti, la giustizia. Le trattative tra i gruppi politici sono già partite.
Negli stessi giorni, un sondaggio confermava ancora una volta la grande popolarità di Jens Stoltenberg, ex premier laburista alla guida della Norvegia per otto anni. Stoltenberg raccoglie infatti più consensi dell’attuale primo ministro Erna Solberg, ma si votasse oggi il centrodestra sarebbe comunque maggioranza in Parlamento.
I Danimarca, invece, la terra sotto i piedi dell’ex premier Lars Løkke Rasmussen continua a franare: la metà degli elettori pensa che il leader del partito Liberale non sia all’altezza di guidare il paese. Solo a fine estate era tutta un’altra storia.
Rasmussen paga lo scandalo nel quale è rimasto invischiato qualche settimana fa: in qualità di presidente del Global Green Growth Institute ha più volte viaggiato senza badare a spese. I numeri stanno diventando un incubo, per l’ex premier danese. Un incubo per lui e per il suo partito: i Liberali scendono al 24,7 per cento, circa tre punti persi in un mesetto. E l’emorragia non pare destinata a fermarsi qui.
L’opposizione pur a fatica sta recuperando terreno: 47,2 per cento degli elettori oggi voterebbero il governo guidato dai laburisti, il 52,6 per cento sceglierebbe l’opposizione di centrodestra. Sei settimane fa, il rapporto era 44 a 56.
Lasciando perdere la politica e dando uno sguardo all’economia, pare proprio che il futuro in Danimarca prometta bene. Dopo un 2013 ancora difficile (+0,3), l’Ue prevede che a partire dal 2014 l’economia a Copenaghen dovrebbe accelerare. Per l’anno prossimo Bruxelles si aspetta dalla Danimarca un Pil al +1,7 per cento che dovrebbe salire a 1,8 nel 2015. A migliorare secondo l’Ue saranno consumi privati, importazioni ed esportazioni. Bruxelles si riserva comunque di verificare se sussistano ancora gli squilibri macroeconomici riscontrati nei mesi scorsi.
Nel gruppo degli stati con gli occhi dell’Ue addosso c’è anche la Finlandia, dove l’economia resta invece motivo di pessimismo. Se in tanti paesi occidentali sembra tirare un’aria più serena, a Helsinki e dintorni prevalgono prudenza e scetticismo. Le imprese non sono ottimiste e i consumatori restano cauti – vale a dire che tengono chiusi i loro portafogli e ci pensano due volte prima di fare spese.
Il fatto è che il quadro economico resta difficile. A riecheggiare sono sempre le stesse parole: squilibri macroeconomici, export debole, perdita di competitività, ristrutturazioni industriali. E parole del genere, in effetti, l’ottimismo te lo levano.