Terra dei fuochi, oltre 70mila manifestanti a Napoli per dire no al biocidio
Gli organizzatori hanno mantenuto le promesse, ed a Napoli, nonostante la pioggia incessante che ha accompagnato il corteo, i manifestanti sono arrivati in massa e hanno sfilato lungo le strade del capoluogo campano chiedendo giustizia per la propria terra.
“Siamo centomila” urla dal palco Raniero Madonna, esponente del movimento #fiumeinpiena, organizzatore della marcia di ieri a Napoli. Secondo la questura, invece, i manifestanti erano 30mila, la sensazione generale dei cronisti è che i partecipanti erano comunque più di 70mila cittadini. Tra i partecipanti anche illustri personaggi. In testa al corte c’era don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano e simbolo della lotta della Terra dei fuochi. Con lui anche Nino D’Angelo, Maurizio Landini, il vicesindaco di Napoli Sodano, poi raggiunto dal sindaco De Magistris. Tutti insieme all’unisono per manifestare la propria indignazione per quanto succede in Campania da più di 20 anni.
“Questo è un grido di speranza ma anche di disperazione” dice Patriciello dal palco, dove legge una lunga lista di nomi di persone decedute per tumore negli ultimi anni nella zona a nord di Napoli. “Io sono qui per il popolo, felice che finalmente viva un risveglio delle coscienze” è stato il commento di Nino D’Angelo, mentre per Maurizio Landini la Terra dei Fuochi “è una questione nazionale a cui uno stato civile che si rispetti deve assolutamente affrontare”. Tantissimi i sindaci presenti, e non solo dalla Campania, ma anche amministratori del centro e nord Italia, gruppi di cittadini accorsi da altre città, come Taranto, tutti presenti per mostrare solidarietà ai campani e per dimostrare che il caso non può restare di rilevanza solo regionale.
Copiosi, invece, i fischi dei manifestanti, che si sono distinti per una marcia assolutamente tranquilla, quando sono stati citati i nomi del presidente Giorgio Napolitano, colpevole di aver taciuto alle rivelazioni di Schiavone nel ’94 quando era ministro dell’interno, e del cardinale Crescenzio Sepe, accusato di essere vicini ai clan, nonostante la smentita e la difesa del parroco di Caivano.
Alla testa del corteo, dietro il lungo striscione degli organizzatori, ci sono su dei cartelli le foto dei commissari straordinari per la questioni rifiuti in Campania che si sono succeduti negli anni, tutti colpevoli del biocidio, secondo gli organizzatori. Tra i 70mila presenti decine di associazioni, migliaia di cittadini comuni, decine di comitati territoriali che da anni si battono sul territorio. Grumo Nevano, Sant’Antimo, Caivano, Acerra, Caserta, Marcianise, Casoria, Afragola, Casal di Principe, tutti uniti per mostrare la loro indignazione per un “genocidio di stato” come si legge su un cartello. Dal corteo si levano anche cartelli con i volti di persone scomparse per cancro, moltissimi sono bambini. Dai manifestanti molti sono i cori che si levano contro le istituzioni regionali e provinciali e i suoi rappresentanti, Caldoro, governatore della Campania, e Cesaro, ex presidente della provincia. Urla di disperazione che dicevano “vogliamo vivere”, simboliche del basilare diritto che i manifestanti richiedono: quello alla vita e alla salute.
Ma il movimento non vuole essere solo di protesta. Dal palco numerose sono state le proposte avanzate al governo, al parlamento e alla politica in generale. “Strutture sanitarie adeguate”, “stop agli sversamenti illeciti”, “attuazione del SISTRI per la tracciabilità dei rifiuti”, “no alla bonifica e all’inceneritore” per paura dell’infiltrazione camorristica pronta a lanciarsi in un nuovo business. Queste sono solo alcune delle proposte avanzate dal movimento, proposte che sono state tutte riassunte in un documento. E intanto i campani sperano, forti del consenso e della sensibilità che il tema attualmente genera nell’Italia tutta, ma continua a morire per i tumori causati dalle oltre 10 milioni di tonnellate di rifiuti sotterrati.
Francesco Di Matteo