Fassina: “Non vedo la fine del berlusconismo”
Attenzione, molta attenzione a non confondere il tramonto del monopolio berlusconiano (ormai indubitabile) e la fine del berlusconismo, che ancora non si vede. E’ l’opinione molto netta del viceministro dell’economia Stefano Fassina, molto prudente sullo scenario che attende il governo dopo la scissione degli alfaniani.
“Il 2 ottobre e sabato scorso segnano la conclusione definitiva del ventennale monopolio di Silvio Berlusconi sul centrodestra italiano” ammette a Daria Gorodisky del Corriere, riconoscendo che è positiva l’apertura all’evoluzione “di un centrodestra italiano verso i grandi partiti popolari europei”. Il ruolo politico di Berlusconi, però, sarebbe ancora intatto così come il “berlusconismo” che ne deriva.
Per questo, Fassina non si sbilancia sugli effetti della scissione sulla tenuta dell’esecutivo: “Potrà rafforzarsi perché finiscono ossessione e ricatti quotidiani per il futuro giudiziario e politico di Berlusconi. Ma allo stesso tempo c’è un rischio di indebolimento, causato dal possibile accentuarsi di un populismo antieuropeo portato avanti da Forza Italia”. Per questo occorre contrastare “l’austerità cieca dettata dalla Ue” e imposta dalla Germania, “spiegando che non funziona e soffoca l’eurozona”. Il viceministro riconosce che in passato non si è parlato (anche nel Pd) con una voce sola, ma ora “vista la situazione economica e dati gli inevitabili contraccolpi politici delle forze populiste, bisogna essere netti”.
Anche il percorso della legge di stabilità non dovrebbe essere per forza più semplice (“Sul piano degli emendamenti presentati non vedo grandi differenze tra le due parti del Pdl”), anche se ora la maggioranza al Senato, di dieci voti, “è incerta, però meno segnata dalle tensioni quotidiane”. Dal momento che il Pd però rischia di vestire i panni del “partito delle tasse” e di pagarne il prezzo, per Fassina occorre “non ripetere gli errori commessi nell’ultima fase del governo Monti. Dobbiamo recuperare autonomia di giudizio rispetto a Bruxelles. Abbiamo il dovere di correggere una deriva, attuando le raccomandazioni europee faremmo un cattivo servizio all’Italia prima ancora che al Pd”.
Non vede ragioni politiche per un rimpasto Fassina (“Il governo è partito da sei mesi e ha un orizzonte limitato…”) anche se sul caso Cancellieri ribadisce che lei dovrebbe “valutare con grande attenzione i segnali chiari sul fatto che si è incrinato il rapporto di fiducia con una grande parte della maggioranza”. L’ultima battuta è sulle primarie: ribadito il sostegno a Gianni Cuperlo (“Una candidatura partita controcorrente e che oggi compete per il primato nella consultazione degli iscritti”), il viceministro legge negativamente la prestazione di Matteo Renzi: “Nonostante l’enorme vantaggio mediatico e finanziario e l’appoggio di molti poteri del Paese, è molto lontano dagli iscritti…”.