Kenya: giustizia, potere e diritti umani
Kenya: giustizia, potere e diritti umani
Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha respinto la richiesta dell’Unione Africana di sospendere per un anno i processi a carico del Presidente keniano, Uhuru Kenyatta, e del suo vice, William Ruto, accusati di crimini contro l’umanità.
La risoluzione era sostenuta dal Rwanda, dalla Russia, dalla Cina e da altri paesi africani e ha ricevuto sette voti favorevoli e otto astensioni, sui 15 rappresentanti dell’organismo. Per passare avrebbe avuto bisogno di nove voti su 15.
Eletti a marzo, Kenyatta e Ruto sono i primi politici tuttora in carica ad essere perseguiti dalla giustizia internazionale. Sulla base della loro vicenda l’Unione Africana ha accusato la Corte penale internazionale e i giudici dell’Aia di “razzismo” e di perseguire solo personalità africane.
Kenyatta e Ruto sono accusati di aver ordito e fomentato le violenze, a sfondo confessionale e politico che – tra il dicembre 2007 e il febbraio 2008 – causarono 1300 vittime e oltre trecentomila sfollati in Kenya. Presidente e vicepresidente all’epoca dei fatti si trovavano su schieramenti politici opposti.
Oggi, dopo una vittoria elettorale in tandem a marzo, Ruto si è visto confermare l’accusa di crimini contro l’umanità in un processo che si è aperto poche settimane fa. Kenyatta –anch’egli perseguito con lo stesso capo d’imputazione – è in attesa di processo il prossimo 5 febbraio 2014.
Sulla vicenda è il caso di fare alcune riflessioni. La prima è che l’Unione Africana si è appiattita sulla richiesta di solidarietà avanzata dal Kenya perché gran parte dei paesi che ne sono membri hanno presidenti (in carica ben oltre i loro mandati e protagonisti di spietate repressioni interne nei confronti dei loro oppositori) che potrebbero essere accusati, in futuro, degli stessi crimini e potrebbero avere bisogno della stessa solidarietà. Insomma, una posizione, come si dice, “a buon rendere….”.
La seconda riflessione riguarda alleanze ed equilibri interni al continente e con le potenze emergenti da una parte, e quelle tradizionali dall’altra. Lo schieramento che ha appoggiato la richiesta dell’Unione Africana in Consiglio di Sicurezza dell’Onu è significativo. Oltre ai paesi africani la Cina, la Russia e il Pakistan.
Insomma Cina e Russia che, con la minaccia di porre il veto, continuano a salvare da provvedimenti dell’Onu dittatori come il sudanese Omar Al Bachir e l’inossidabile padre padrone dello Zimbabwe Robert Mugabe, ora hanno prestato il loro potere da paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza anche a un paese come il Kenya, un tempo paese molto vicino all’Occidente e sede di molte agenzie umanitarie dell’Onu.
Ecco. La Cina e gli altri paesi emergenti si dimostrano potenze molto amiche dell’Africa. Ma delle sue classi politiche al potere, non certo delle popolazioni.