È di pochi giorni fa la notizia che ha visto il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti d’America intentare causa nei confronti di Alphabet, l’azienda che controlla Google. Il Governo accusa il famoso motore di ricerca di esercitare un monopolio sugli altri concorrenti, mantenendo una posizione dominante grazie ad accordi illegittimi con terze parti. Il contenzioso sarà gestito dal tribunale federale di Washington; sarà l’iniziativa governativa più rilevante nei confronti di una Big Tech del settore tecnologico degli ultimi decenni.
Non solo Alphabet, le altre Big Tech
Negli ultimi anni Google ha già dovuto affrontare diversi processi sia per le sue condotte illecite sul mercato, sia per alcune controversie relative alla privacy degli utenti. La Commissione Europea, ad esempio, ha già multato il colosso per un totale di 8,2 miliardi di Euro nel corso degli anni.
Tra i Tech Giants però, Google non è stata la sola ad avere problemi di questo tipo. A Luglio alcuni importanti CEO come Jeff Bezos di Amazon, Tim Cook di Apple, Mark Zuckerberg di Facebook (oltre a Sundar Pichai di Google) sono apparsi davanti al Panel Antitrust della Commissione Giustizia della Camera dei Rappresentanti. Questo poker di multinazionali insieme ha un valore superiore ai cinquemila miliardi di dollari. Al termine di un’indagine durata oltre un anno alcuni Deputati americani bipartisan hanno chiesto agli Amministratori Delegati di queste società di rispondere alle loro domande. Dal canto loro, gli “imperatori dell’economia online” hanno utilizzato il patriottismo (il famoso “american dream“) come arma maestra per difendersi dalle accuse. L’inchiesta ha portato ad esaminare circa 1,3 milioni di pagine di documenti e , per ora, alla produzione di centinaia di ore di audizioni ed incontri a porte chiuse. Nel corso delle udienze, un avvertimento particolare è arrivato direttamente da Mark Zuckerberg: “Se il modello tecnologico americano non vincerà, un altro lo farà”. Ai posteri l’ardua sentenza.
Cosa preoccupa il Governo
Il potere delle Big tech è cresciuto enormemente negli ultimi anni. Queste società risulterebbero addirittura capaci di indirizzare le scelte politiche all’interno di singole nazioni, cambiando il corso della storia. Lo scandalo Cambridge Analytica riguardo Brexit e presidenziali USA 2016 ne sono esempi lampanti. Le pratiche monopolistiche e anti-competitive adottate da questi giganti starebbero inoltre uccidendo la concorrenza all’interno dei diversi settori. In aggiunta, grazie ai diversi scandali che ne hanno accompagnato l’attività negli ultimi anni, l’immagine di queste compagnie agi occhi dell’opinione pubblica si è deteriorata velocemente. Il tutto ha reso deputati e senatori più sensibili ai problemi generati dal settore. Una parte del Congresso degli Stati Uniti guarda a questo punto la Silicon Valley con sospetto.
L’esito delle prossime elezioni
Il presidente Donald Trump e l’ex vicepresidente Joe Biden condividono una diffidenza comune nei confronti della Big Tech. Indipendentemente da chi sarà vincitore il 3 novembre, in futuro il controllo antitrust delle più grandi aziende tecnologiche statunitensi dovrebbe essere mantenuto o addirittura intensificato.
Prima della storica udienza dello scorso 29 luglio era stato lo stesso presidente Donald Trump a tuonare impetuoso, dichiarando: “Se il Congresso non riesce a portare correttezza e onestà nelle Big Tech, cosa che avrebbe dovuto fare anni fa, lo farò io con dei decreti”. Le diatribe di Trump con Facebook e Google (ma non solo) sono ormai note, viste le sempre maggiori correzioni e censure ai contenuti del presidente americano.
Se sarà Joe Biden a conquistare la presidenza, avrà l’opportunità di plasmare i rapporti tra Casa Bianca e Big Tech. Sicuramente molte pressioni gli verranno fatte dall’ala progressista del Partito Democratico, che ne chiede lo scioglimento e una regolamentazione più stringente. Resta però il profilo di Kamala Harris quello più interessante da analizzare. Nel corso del tempo la senatrice della California non si è mai sbilanciata accusando i Big Tech in maniera frontale. Al contrario, ha affermato a più riprese che ai giganti della tecnologia dev’essere consentito di crescere ed affermarsi “senza ostacoli”. Nessun vicepresidente prima di lei avrebbe stretto rapporti così forti con questo mondo. Alcuni critici tecnologici temono che l’amministrazione Biden possa tornare a quell’approccio amichevole che ha caratterizzato l’amministrazione Obama. Bisogna, a dover di cronaca, ricordare che il team di Biden attinge attivamente a cospicue donazioni dei leader del settore tecnologico.
Il futuro delle Big Tech
Ad oggi nessuna mossa concreta è stata fatta “per non influenzare l’esito delle elezioni”, come ripetuto ai giornalisti dallo stesso Presidente Trump. La sottocommissione antitrust alla Camera, concludendo il suo rapporto, si è espressa in un giudizio molto marcato: “ Le quattro grandi aziende da coraggiose startup si sono ormai trasformate nel genere di monopoli che, per l’ultima volta, abbiamo visto nell’era dei baroni del petrolio e dei magnati delle ferrovie” e ancora “Sebbene queste aziende abbiamo portato chiari benefici sociali, il loro dominio ha avuto un costo”. Quello a cui ci si riferisce è l’abuso della loro posizione dominante sulla frontiera digitale. Questo dominio è così esteso da apostrofare questi giganti come autoproclamati “gatekeeper”, guardiani di prezzi e regole per il commercio.
Le critiche ai leader tech arrivano in realtà da tutti i colori politici, ma i provvedimenti correttivi da adottare non hanno ricevuto un appoggio unanime. Le divergenze però non potranno ancora durare per molto. Dopo le elezioni, il lancio di nuove legislazioni e campagne bipartisan contro Big Tech non potrà essere ulteriormente frenato o rinviato. Il lavoro dei deputati compie passi avanti nel mettere nel mirino le aziende, ponendo le basi e fornendo argomentazioni per le prossime riforme. Di certo, con il loro immenso potere, le Big tech non staranno a guardare e si adopereranno per agire prontamente. Chi vincerà la battaglia tra queste Oligarchie digitali e il Governo americano?