Settimana Politica – Una mesta uscita di scena
E se ci avesse sorpreso? E se la vera fregatura che questa volta Berlusconi ha somministrato ai suoi tanti (ed oggi maggioritari) detrattori consistesse proprio nell’inesistenza di una tanto attesa fregatura?
Questa settimana che abbiamo appena vissuto è stata intensissima. Una settimana destinata ad entrare nella storia della politica italiana.
[ad]Un anno questo 2011 che rischia di essere un vero e proprio spartiacque per il nostro paese. Nella simbolica ricorrenza dei 150 anni dell’Unità d’Italia il nostro paese si appresta a scorgere, in ciò che resta dell’anno, nuove prospettive, la fine di un’anomalia politica e tante incognite nel mare magnum della tempesta economica e finanziaria.
Non sapremo se Mario Monti scioglierà la sua riserva. Tutto dipende dal PdL, il partito di maggioranza relativa del Parlamento, me oramai secondo al Pd nel paese. Da loro sostanzialmente dipende l’esistenza o meno di questa forma di governo tecnico. Lo scenario può essere imprevedibile così come sono state le piroette dello stato maggiore di via dell’Umiltà in questi giorni, passati dall’indisponibilità assoluta alla volontà di trattare, per arrivare ad estremi tentativi di proporre un governo di centrodestra allargato a guida Dini o Alfano (un modo istituzionale per chiedere le elezioni anticipate, insomma).
In tutto ciò ci sono le dimissioni di Berlusconi, accolte nell’indimenticabile giornata di sabato da un vero e proprio moto di liberazione che si è spinto nelle piazze della politica.
Anche la giornata di sabato 12 novembre sarà indimenticabile. E non soltanto per uno spirito di parte. Ma perché rappresenta a suo modo un evento storico, e a tratti un’anomalia, per la politica italiana.
Certo, nel corso degli anni (mi ricordo l’estate infuocata del 2004 in cui non mancarono sedute all’una di notte a Montecitorio, con tanto di interventi di Bobo Craxi sull’ordine dei lavori, o di vertici di maggioranza che si chiudevano con le dimissioni di Tremonti) abbiamo visto di tutto. Ma mai una partecipazione così capillare nel cuore della città di Roma nella giornata di sabato.
Seduta infuocata alla Camera proprio nell’orario in cui si fa un giretto in centro, e gente curiosa sparsa tra il Quirinale, Palazzo Chigi e Palazzo Grazioli.
E’ come se fosse emerso un spirito a tratti simile a quello del 1993, quando in quel fatidico 30 aprile Bettino Craxi fu preda delle monetine. Quello spirito fortemente pessimista e a tratti anti-sistemico lascia lo spazio però ad una voglia di partecipazione politica e civile mai registrata negli ultimi anni. E il tricolore portato nelle piazze e nella strade si pone in un’ottica maggiormente propositiva rispetto agli strepiti antipolitici in voga di questi tempi.
Ma una cosa ha stupito chi segue la politica italiana con passione e continuità da almeno un decennio a questa parte: l’uscita di scena di Berlusconi.
Chi lo conosce e chi ha avuto modo, nel bene e nel male, di analizzare le sue mosse si è sempre interrogato su quale sarebbe stata la fine politica di Berlusconi. Ciò che ho sempre temuto maggiormente in questo senso era un’uscita di scena tempestiva e del tutto improvvisa. Il rischio di un’oscura riedizione di quel vuoto politico che, nel 1994, favorì proprio l’ascesa di Berlusconi.
Questa uscita “soft”, spontanea e diluita nel tempo probabilmente riuscirà a preservare maggiormente la conquista bipolare rispetto ad una traumatica fine che era comunque nel novero delle cose possibili.
Per quanto Alfano si dimostri sempre più il segretario di Berlusconi e non la guida politica di un partito politico, la stabilizzazione di un polo di centrodestra stabile e capace di sopravvivere alla sua leadership e qualcosa di profondamente necessario. Così a destra come a sinistra.
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