Cinema, Pif e la mafia. Palermo, gli anni Settanta – Ottanta, fino alla sanguinosa fase stragista degli anni Novanta, il tutto visto e vissuto dalla parte di Arturo, un giovane che fin da piccolo capisce che il suo spirito, con la mafia, non ha niente a che fare.
Poi c’è Aurora (Cristiana Capotondi), la bella e irraggiungibile ragazza di cui Arturo è follemente innamorato fin dai tempi delle elementari. La vita dei giovani palermitani è come sdoppiata tra due binari: uno che li accomuna con tutti i loro coetanei della penisola, fatto di scuola, amore, feste di compleanno e passeggiate sul mare; l’altro, che per loro rappresenta un’amara esclusiva, è quello dominato dalle “malavitose stranezze”, dal sangue, dall’omertà.
Il nostro protagonista deve misurarsi con questo sdoppiamento della realtà, facendo i conti con la sua indole pacifica, il suo senso civile e la sua aspirazione di diventare un abile giornalista, senza perdere di vista né lasciarsi sfuggire l’amore della sua vita.
Così Pierfrancesco “Pif” Diliberto, in “La mafia uccide solo d’estate” (al cinema dal 28 novembre) prende le parti del protagonista e ci racconta la sua Palermo. E lo fa con l’ironia che lo contraddistingue, nei limiti del possibile: «È grave quando non si può ridere di qualcosa, sempre con il rispetto naturalmente per le vittime, in modo che la satira non offenda la tragedia».
Un’ironia permessa e alimentata dal fatto che oggi come oggi, secondo Pif, si può guardare indietro alla malavita e accorgersi che in realtà era molto meno “silente e strisciante” di allora. «Forse il paragone sembrerà azzardato – spiega Pif – ma i fatti accaduti in quegli anni e le dichiarazioni dei politici di allora sono come le spalline degli anni Ottanta.
Tutte le ragazze e le donne le portavano, ma viste ora possiamo dire che erano orribili, così se con la consapevolezza di oggi riascoltiamo alcune frasi di politici come Salvo Lima o Giulio Andreotti capiamo che era sotto gli occhi di tutti la collusione tra certa politica e la mafia. I palermitani però non la vedevano, si parlava di debiti di gioco, di storie di corna quando un insospettabile veniva ucciso. Solo le morti di Falcone e Borsellino hanno aperto gli occhi alla città».
Ma anche se si parla di decenni fa, non vuol dire ovviamente che non ci sia bisogno di rievocare con insistenza certi eventi, perché si sa, la memoria corta è una delle piaghe del nostro tempo. La star de Le Iene e de Il Testimone ne è convinto più che mai e non a caso era già stato aiuto regista per I cento passi di Marco Tullio Giordana, altra storia di resistenza contro la malavita.
E mai come in questo caso si può dire che l’attore si sia calato appieno nella parte (o che la parte sia stata modellata proprio sull’attore?), se si pensa che Diliberti ha voluto fermamente girare il film a Palermo e si è imposto, riuscendo nell’impresa, di non pagare il pizzo durante le riprese. Se Arturo esistesse veramente, scommetto proprio che ne andrebbe fiero.