Una censura netta alle parole e all’atteggiamento di Silvio Berlusconi – indifendibile ai suoi occhi – ma la granitica certezza che non si deve arrivare al voto sulla decadenza. E’ certo di questo Pierferdinando Casini chiamato a commentare per il Mattino l’ennesima puntata del Cavaliere, che ieri al quotidiano napoletano ha detto che, sulla decadenza, vuole che il Senato “si assuma la responsabilità di qualcosa di cui dovrà vergognarsi”.
Per Casini “le parole di Berlusconi sono nettamente al di fuori delle righe, esattamente come quelle che il Cavaliere ha pronunciato anche ieri l’altro nei confronti del capo dello Stato”. Gli attacchi sono assurdi, ma a preoccupare di più l’ex presidente della Camera è il clima, che ha trasformato il cammino della legge di stabilità “in una corsa contro gli ostacoli perché non si venga meno all’appuntamento del 27”. Sarebbe questo l’ulteriore capitolo di una vicenda “già costellata di errori”.
Il leader dell’Udc ne cita soprattutto due: non si è investita la Corte costituzionale della questione sull’applicazione della “legge Severino” a un fatto antecedente la sua entrata in vigore (per far scemare il sospetto “di fare un certo tipo di scelta soltanto nell’obiettivo di eliminare l’avversario politico”) e la scelta dello scrutinio palese in aula, al posto del voto segreto. Anche se per Casini resta chiaro che “chi in Senato si assume la responsabilità di votare la decadenza non fa altro che applicare una regola, senza per questo rendersi complice di un misfatto politico”.
Conferma il proprio voto a favore della decadenza, ma riprende la sua antica idea che prevede che a quel voto non si debba arrivare. Sfumata la possibilità (da lui auspicata) delle dimissioni di Berlusconi, ora Casini lavorerà “perché la discussione prima del voto possa individuare percorsi alternativi”, ricordando che si attende ancora che diventi definitiva l’interdizione di Berlusconi dai pubblici uffici: di più non dice (“Non voglio preannunciare sui giornali riflessioni e procedure che intendo proporre all’attenzione di Palazzo Madama”) ma forse chiederà di prendere atto della futura (e inevitabile) decadenza, qualora l’interdizione sia confermata.
Sugli scissionisti Pdl che a Forza Italia hanno preferito il Nuovo Centrodestra, Casini dà ragione ad Alfano sul sostegno a Letta (“E’ Berlusconi ad avere cambiato idea”), mentre gli altri fronti lo convincono meno: “Il percorso di Alfano avrebbe bisogno di segnare una profonda cesura e di marcare una forte autocritica nei confronti di Berlusconi e del berlusconismo”. Per Casini “Berlusconi non è mai stato il salvatore della patria” e per ora non si vede un preludio a un’unione tra i Popolari per l’Italia e il Nuovo Centrodestra: “È ovvio che loro oggi cerchino di assorbire elettorato berlusconiano, ma questo li obbliga ad una visione molto parziale”.
Se il dialogo con Alfano resta ma non va oltre, procede l’iniziativa della “Nave popolare” andando verso la costituzione di nuovi gruppi ma deve passare dalla comprensione “delle istanze dei cittadini e del Paese reale”: “L’approdo comune potrà essere soddisfacente solo senza rifare gli errori del passato e con grande chiarezza”.
Due battute Casini le riserva anche al congresso Pd (“Vincerà Renzi, ma non mi convince né il bombardamento quotidiano nei confronti del governo Letta, né il doppiopesismo con cui ha valutato le vicende della Cancellieri e di De Luca: il garantismo lo si deve praticare per convinzione e non per convenienza”), anche se di alleanze si potrà discutere solo a congresso finito. La priorità però resta la legge elettorale: “Sono un convinto sostenitore del proporzionale, in ogni caso l’assegnazione di un premio di maggioranza non può prescindere da una soglia minima di consensi. Per il resto mi sembra che le preferenze restino il sistema migliore”.
Gabriele Maestri