Italiani in fuga? Mito da sfatare
Italiani in fuga? Mito da sfatare. Già ben prima della grande crisi economica in cui siamo dal 2008 la fuga dei cervelli e l’emigrazione verso l’estero era un leitmotiv mediatico, non solo italiano, ma di tutta l’Europa mediterranea.
La crisi ha inasprito le cose. Sarebbe ripresa l’emigrazione verso la Germania come nel Dopoguerra, soprattutto dal Sud, aumentando rispetto agli anni scorsi.
Il punto tuttavia è: rispetto agli altri Paesi europei, è vero che gli italiani si sono rimessi ad emigrare tanto? Sembrerebbe di no.
Il seguente grafico, di fonte Eurostat si riferisce al tasso di emigranti rispetto alla popolazione. ovvero quanti abitanti da un determinato Paese si trasferiscono all’estero:
Come possiamo vedere l’Italia è il Paese con meno emigrazione, solo lo 0,14% nel 2011.
Francia e Germania seppure in crisi inferiore alla nostra, ci superano, probabilmente anche per una maggiore mobilità del mondo del lavoro, per facili trasferimenti in Paesi linguisticamente vicini, come Austria, Svizzera e Belgio, per una quota di immigrati che tornano a casa.
E infatti è da considerare che in questa statistica sono conteggiati anche immigrati, anche extracomunitari, che abbandonano il Paese. E sono questi rientri che in parte spiegano il valore della Spagna, 0,88% oltre al fatto che anche gli spagnoli hanno ripreso ad andarsene.
I valori di Grecia ed Irlanda sono figli della crisi, anche se nel caso degli irlandesi per lingua e tradizione l’emigrazione è sempre stata una realtà.
Per capire meglio osserviamo come questo tasso è cambiato negli anni per i Paesi colpiti dalla crisi:
La Grecia è purtroppo assente essendo coperti solo gli ultimi due anni, ma vediamo bene l’anomalia italiana, con i valori per gli altri Paesi che si innalzano con la crisi economica, ma non per l’Italia. Certo, nel caso del Portogallo c’è la presenza delle ex colonie lusofone, Brasile, o Angola e Mozambico, a spiegare i movimenti sia di portoghesi che di stranieri, e per la Spagna, come già detto, motli rientri, per esempio di latinoamericani che tornano nel loro continente in boom economico.
A sottolineare meglio la nostra anomalia vi è un altro tasso, quello di migrazione netta, ovvero la differenza tra emigrazione e immigrazione, sulla popolazione:
Spagna e Irlanda hanno avuto, seppur per motivi diversi, e con tipologie di immigrati diversi (più istruiti ed europei in Irlanda, più extracomunitari in Spagna) un boom di immigrazione negli anni 2000, che è bruscamente finito e ora addirittura sono Paesi che perdono popolazione, assieme alla Grecia, mentre l’Italia non ha, pare, risentito della crisi da questo punto di vista e risulta addirittura il Paese con il più alto tasso migratorio netto verso di esso.
Certamente conta il fatto che per Spagna e Irlanda c’è stato lo scoppio di una bolla edilizia e finanziaria che aveva portato molto lavoro straniero proprio in quei settori scoppiati, mentre non ci sono stati simili eventi traumatici da noi, se non un lento declino e calo degli investimenti.
Risultiamo anche più attrattivi della Germania, che ha ripreso ad attirare immigrati, dopo un saldo quasi zero negli anni 2000, tuttavia se da noi ci può essere l’effetto di regolarizzazioni di persone già presenti illegalmente e si tratta di una immigrazione di bassa qualità come competenze, nel caso della Germania sono spesso laureati e specializzati a recarsi oltralpe.
E’ un fattore che in futuro sarà sempre più importante, e assieme agli altri nell’ambito immigrazione/emigrazione come la xenofobia in tempi di crisi e il populismo, ci sollecita a informarci meglio sulla realtà migratoria, senza facili stereotipi come quelli veicolati da molti media.