La Lega e il governo Monti: colpo di coda finale o grande mossa?
In questi giorni di grande fibrillazione politica, e a poche ore dal varo del governo “tecnico” guidato da Mario Monti, si distingue la posizione della Lega Nord, che aveva già annunciato la sua contrarietà alla soluzione proposta da Napolitano durante le consultazioni del Presidente della repubblica e che ha poi – con un coup de teatre degno di altri tempi – disertato le consultazioni del premier incaricato, liquidando il tutto con una semplice telefonata il giorno in cui Bossi proclama la “riapertura” del malandato progetto del Parlamento del Nord (ora “della Padania”).
[ad]Una mossa che ai più pare azzardata, ma che consente alla Lega di tornare a fare quello che meglio le riusciva, ovvero l’opposizione, oltretutto in un momento in cui si promettono sicuri “sacrifici”, come ha già fatto Monti: promesse che preludono a scelte evidentemente a forte rischio di impopolarità, e che potrebbero dare fiato alle fiacche trombe populiste utilizzate dal partito di Bossi.
C’è da notare che già in passato una decisione analoga di Rifondazione Comunista, che nel 1995 votò contro la fiducia al nascente governo Dini e continuò per tutta la durata del mandato all’opposizione, fu premiata con il miglior risultato ottenuto dall’ex partito di Bertinotti nella sua storia: l’8,5%. Le stesse elezioni che vedranno la Lega ottenere il miglior risultato di sempre in valore assoluto – oltre tre milioni e settecentomila voti – e superare per la prima volta il 10% – unica occasione nell’ambito delle elezioni politiche fino ad oggi: era la Lega che aveva già intrapreso, dalla fine del 1995, la cosiddetta “svolta secessionista” e che si presentava in splendida solitudine, mentre si profilava la vittoria del centrosinistra con Prodi.
Ebbene, oggi in un colpo solo Bossi riesce a smarcarsi dal PDL senza allontanarsi troppo da Berlusconi, come dimostrano le dichiarazioni di Maroni martedì, non compromettendo il delicato equilibrio che consente al Carroccio di governare in Piemonte e Veneto e nelle altre realtà locali dove la coalizione viene confermata, come ha ribadito anche il governatore Cota. Ovvero, in fondo, riesce a ritagliarsi una chance di ricompattare la “base”, notoriamente malpancista nei confronti dell’alleato pidiellino, attorno al leader, anche attraverso il richiamo al “parlamento padano”.
Ma non finisce qui, perché si presenta anche l’opportunità, attraverso quello stile di opposizione che alla Lega è sempre calzato a pennello, di oscurare la mancata realizzazione di molti punti programmatici – in primis il federalismo, visto che il poco ottenuto è ancora nella sua fase attuativa – e l’appoggio comunque incondizionato dato al governo Berlusconi, di fronte ad un elettorato insoddisfatto (i sondaggi che Termometropolitico.it analizza hanno registrato negli ultimi mesi un costante calo). Questo soprattutto se il governo Monti dovesse effettivamente spingersi fino alla fine della legislatura nel clima della “ammucchiata” stigmatizzata da Maroni e dal quotidiano la Padania.