La storia è uguale ad una delle tante già registrate dalle cronache anche nel nostro Paese e, soprattutto, alle moltissime che ci ritroveremo a raccontare se e quando il nuovo regolamento in materia di diritto d’autore online che l’AGCOM si accinge a varare diventerà legge.
Un sito austriaco diffonde contenuti audiovisivi pirata e i titolari dei diritti chiedono al Giudice di ordinare al sito la cessazione dell’attività ed ad uno dei più fornitori di accesso a internet austriaci di impedire ai propri utenti di approdare sulle pagine del sito.
Originale – o, almeno, meno scontata – è la querelle giudiziaria che ne è derivata e le conclusioni, parziali, alle quali si è sin qui arrivati.
I Giudici austriaci, infatti, hanno ritenuto di chiedere alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea se ritenesse compatibile con il diritto europeo che un giudice nazionale, sulla base della legge di uno dei Paesi membri, ordinasse ad un fornitore di accesso a internet di rendere inaccessibile ai propri utenti un intero sito internet.
Già a fermare qui il racconto è impossibile resistere alla tentazione di confrontare la vicenda austriaca con quanto sta accadendo in questi giorni in Italia.
In Austria, infatti, i Giudici si interrogano addirittura sulla compatibilità con l’ordinamento europeo di una loro decisione basata su una legge dello stato che abbia per effetto quello di bloccare l’accesso a un sito internet ad alcuni utenti mentre in Italia ci si sforza tra mille contraddizioni ed ambiguità di far passare per normale l’idea che un’Autorità amministrativa, in assenza di qualsivoglia previsione possa dapprima dettare e poi applicare una regola avente contenuto identico a quella presente nella legge austriaca e sulla cui legittimità si interrogano gli stessi giudici austriaci.
Naturalmente non c’è mai qualcuno migliore di qualcun altro ma non c’è dubbio che la vicenda metta a confronto due culture giuridiche profondamente diverse e due modi di guardare a Internet ed al futuro diametralmente opposti.
A sottolineare tale distanza, vale la pena aggiungere che il nostro Paese, non richiesto, si è preso la briga, per una volta, di intervenire nel procedimento davanti alla Corte di Giustizia, sostenendo che, naturalmente, non avrebbe dovuto dubitarsi della legittimità di una simile regola.
Ma la vicenda è educativa anche sotto altro profilo.
Proprio questa mattina, infatti, l’Avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha depositato le sue conclusioni – ovvero il proprio suggerimento ai giudici che dovranno poi decidere – e lo ha fatto chiarendo che, a suo avviso, non vi è alcuna preclusione a che un giudice ordini ad un fornitore di accesso di bloccare l’accesso dei propri utenti a taluni contenuti online ma ad alcune condizioni inderogabili che val la pena mettere in fila e ricordare.
Il punto di partenza del ragionamento dell’Avvocato Generale, Pedro Cruz Villalon è che la sacrosanta tutela dei diritti d’autore deve essere contemperata con il necessario rispetto di altri diritti fondamentali e, in particolare, quello alla libertà di informazione, quello alla privacy e quello di impresa.
Muovendo da queste premesse l’Avvocato Generale, anche richiamando proprie precedenti conclusioni e alcune importanti decisioni della Corte Europea dei diritti dell’uomo, ha chiarito che un provvedimento di blocco all’accesso di taluni contenuti pubblicati online deve essere basato su una precisa disposizione di legge – e non su un qualsiasi atto amministrativo – pronunciato da un giudice – e non da un’Autorità amministrativa – e, soprattutto, deve essere tale da non avere per conseguenza di bloccare anche l’accesso a contenuti informativi legittimamente pubblicati da terzi.
Sono, sfortunatamente, tutti presupposti che mancano nei provvedimenti che l’Autorità Garante per le Comunicazioni vorrebbe attribuirsi il potere di pronunciare.
Tali provvedimenti, infatti, saranno fondati esclusivamente su un atto amministrativo, adottati da un’Autorità amministrativa e avranno inesorabilmente per effetto – salvo casi eccezionali – quello di bloccare l’accesso degli utenti italiani anche a contenuti informativi legittimamente diffusi al pubblico oltre che a quelli considerati pirati.
Ovviamente si tratta ora di attendere la decisione della Corte di Giustizia che non è tenuta ad uniformarsi alle indicazioni dell’Avvocato Generale ma, certamente, i problemi che, in questi giorni, in Italia, ci si sforza di nascondere o di imputare a qualche pirata di passaggio per i cieli italiani, magari sotto l’egida delle Nazioni Unite esistono e sono seri.
E’ auspicabile, a questo punto, un gesto di responsabilità dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni che dovrebbe fare un passo indietro, limitarsi a disciplinare ciò che la legge – ovvero il c.d. Decreto Romani – le chiede di disciplinare e lasciare che di tutto il resto si occupi, il prima possibile, il Parlamento o su delega di quest’ultimo il Governo.
Non si tratta di fare il tifo per i pirati o di non avere a cuore le sorti dei titolari dei diritti d’autore ma, più semplicemente, di ritenere che i diritti fondamentali – tutti, incluso quello degli autori – siano una materia straordinariamente delicata per il futuro di un Paese ed il loro rispetto venga prima di qualsiasi interesse o rivendicazione di categoria.