Attaccare l’8×1000 con argomentazioni di dubbia validità
L’Espresso pubblica un articolo molto discutibile sull’8×1000. Due punti dimostrano l’assoluta voglia di fare propaganda anticlericale anche scadendo nel ridicolo.
L’Espresso pubblica un articolo molto discutibile sull’8×1000. Due punti dimostrano l’assoluta voglia di fare propaganda anticlericale anche scadendo nel ridicolo:
Funziona così. Un po’ come in un gigantesco sondaggio d’opinione, ogni anno i contribuenti, mettendo una croce sull’apposita casella nella dichiarazione dei redditi, possono indicare come beneficiaria dell’8 per mille una delle confessioni firmatarie dell’intesa con lo Stato (o scegliere invece quest’ultimo).
L’autore dell’articolo si lamenta del fatto che il “montepremi” non viene diviso con un meccanismo per cui chi è più ricco decide per più soldi, ma con un meccanismo per cui le scelte contano tutte uguali. All’autore di questo articolo risulta davvero intollerabile che un povero operaio o un pensionato contino come un ricco imprenditore.
Sancito il principio che è vergognoso che tutti siano uguali, il giornalista continua lamentandosi che chi non sceglie non venga conteggiato come se avesse scelto una delle opzioni meno scelte (lo Stato).
Sulla base delle indicazioni effettivamente raccolte, viene poi diviso in percentuale non il solo ammontare versato da quanti hanno espresso una preferenza (il 40 per cento circa del totale), ma l’intero montepremi.
Il giornalista reclama, insomma, la capacità di conoscere il vero volere del popolo e trova assurdo supporre che chi non esprime una scelta sia semplicemente d’accordo con ciò che già accade. Immagino questo giornalista da giovane quando nelle serate tra amici si poneva la scelta se andare al cinema o a bere una birra, lui proporre la birra, tre persone proporre il cinema, sei non esprimersi, e il nostro eroe esigere che i sei senza preferenza fossero ovviamente d’accordo con lui.
Non pago di queste argomentazioni, dà il colpo di grazia alla sua dignità così:
la percentuale drogata di spettanza della Chiesa ha fatto registrare un passo indietro: dall’86,05 del 2006 all’85,01 per cento. Ma, sorpresa, grazie al doppio traino di Pil e pressione fiscale, la Chiesa ha comunque incassato di più
Davvero sorprendente: se la percentuale cala di poco ma aumenta la cifra su cui si calcola la percentuale la cifra risultante può salire. Dopo questa scoperta l’Espresso dovrebbe candidare l’autore dell’articolo per una laurea honoris causa in matematica.