Il discorso di Monti al Senato
Giovedì 17 novembre 2011 il Governo Monti ha ottenuto la fiducia al Senato della Repubblica, con 281 voti favorevoli, 25 contrari (tutti della Lega Nord), 1 presente non votante e 14 non partecipanti alla votazione.
Inizia così ufficialmente l’avventura del nuovo esecutivo, che nella giornata del 18 novembre chiederà la fiducia anche alla Camera dei Deputati per completare l’iter di insediamento.
[ad]L’Europa ed i mercati hanno accolto con favore il cambio di Governo italiano – prova ne siano le prestazioni dello spread sui titoli del nostro Paese degli ultimi giorni, nettamente migliori rispetto a quelli di Spagna o Francia – ma è chiaro che l’Italia non può uscire dalla crisi che la attanaglia con un semplice effetto placebo dovuto alla mera figura del nuovo Presidente del Consiglio. Il Paese è atteso alla prova dei fatti, ed il Governo dovrà essere in grado di proporre un programma al tempo stesso efficace e capace di passare le forche caudine dei passaggi parlamentari, dove una partitocrazia avvitata su sé stessa penserà più probabilmente agli interessi personali o di parte piuttosto che al bene del Paese.
Il discorso di Monti dinanzi all’Aula del Senato può essere considerato una prima dichiarazione programmatica, e come tale esaminato allo scopo di capire quali saranno le direttrici di azione dell’esecutivo nel tentativo di arginare e combattere la crisi economica del Paese.
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Il discorso è risultato piuttosto lungo e denso, come emerge anche dal tag coud.
Dall’analisi dei termini ricorrenti, oltre allo scontato “Italia”, emerge un discorso fortemente improntato alla situazione attuale del Paese, di fatto libero da richiami a tematiche generali e a massimi sistemi ma proprio per questo più pregnante e significativo. Spicca innanzi tutto il termine “Europa”, evidente richiamo ai doveri assunti dal nostro Paese verso l’Unione Europea in termini di vincoli di bilancio e controllo del debito.
È evidente poi l’importanza data ai verbi “dovere” e “fare”, espressione da un lato all’obbligatorietà e anche alla durezza delle scelte da intraprendere e dall’altro della volontà e della necessità di iniziare un percorso di riforme.
Tra le altre parole-chiave del discorso di Monti spicca poi “crescita”, e proprio il forte accento dato a questo aspetto individua la reale priorità del nuovo esecutivo rispetto al pur necessario rigore dei conti pubblici. Infine, l’enfasi data al “lavoro” nelle sue declinazioni mostra come proprio il mercato del lavoro, i temi dell’occupazione e della contrattazione, saranno al centro dell’agenda del nuovo esecutivo.
Rispetto ai discorsi di altri leader politici, tuttavia, le parole di contorno non si limitano ad essere meri riempitivi rispetto ai pochi concetti chiave, ma costituiscono a loro volta nuove tematiche, rendendo le parole di Monti ancora più importanti e degne di analisi. “Crisi”, “finanza”, “fisco” non sono meri passaggi che traghettano da un argomento all’altre, ma tematiche degnamente approfondite, sia pure a margine di un discorso più ampio.
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