Pornografia della sofferenza o anestesia dell’intelligenza

Pubblicato il 30 Novembre 2013 alle 19:31 Autore: Raffaele Masto
Pornografia della sofferenza o anestesia dell’intelligenza

Pornografia della sofferenza o anestesia dell’intelligenza. Ho visto gli spezzoni della trasmissione “Mission” che circolano in rete. Non mi sono scandalizzato. Mi aspettavo esattamente quello che ho visto, cioè una farsa (peraltro recitata male) che non ha nulla a che fare con campi profughi, rifugiati e soprattutto non ha nulla a che fare con l’informazione che gli ideatori (Intersos, Alto commissariato Onu per i Rifugiati, Rai) pretendono di fare.

Chi da tempo frequenta l’Africa e i campi profughi sa bene che in quei luoghi non ci sono abitazioni come quelle frequentate dalla Barale e dal Principe, con tutti i bambini ordinati che guardano. E sanno bene che in un campo per rifugiati non ci si mette un caschetto giallo per imbiancare una parete…

Non spendo altre parole su questa farsa. Ho già ampiamente criticato “Mission” che considero una degenerazione dell’informazione, dell’intrattenimento, del servizio pubblico italiano. Non dico altro, dunque. Mi associo alle critiche. Sono d’accordo su tutto. Ma rassegniamoci: la trasmissione andrà in onda. Anzi le nostre polemiche serviranno ad alzare l’audience come è avvenuto per “Il Grande Fratello” e per le “Isole dei Famosi”.

Non scambiate questa dichiarazione per rassegnazione. Penso che qualche responsabilità sul fatto che si finisca sempre in questi “cul de sac” ce l’abbiamo anche noi. Intendo dire che nel passato un certo giornalismo di sinistra (quello stesso che oggi critica “Mission”) ha raccontato un’Africa gravemente stereotipata, al punto da essere quasi offensiva (per gli africani, intendo): guerre, crisi, saccheggi, violenze, violazioni senza soluzioni di continuità.

Certo, l’Africa è anche questo, ma non solo. Il fatto è che poco spazio ha avuto, anche nei nostri servizi, nei nostri articoli, nei nostri reportage l’Africa della società civile che oggi c’è, è vitale, molto più di quella italiana. E’ informata, legge di più di quanto si legga, per esempio, in Italia. E’ capace di essere solidale come noi non sappiamo più essere. E’ creativa, ironica, allegra in contrapposizione alla cloroformizzazione, all’astiosità e alla cupezza che domina la nostra vita politica e il nostro giornalismo. E’ capace di battersi per la giustizia e l’uguaglianza e in Africa, per farlo, bisogna essere molto coraggiosi.

Quando fu eletto Barak Obama, un grande scrittore africano, il mozambicano Mia Couto, ribatté a tutti i presidenti del continente che enfatizzavano l’elezione del primo presidente di origini africane a capo della maggiore potenza economica, politica e militare del mondo, che “se Obama fosse stato in Africa non sarebbe arrivato nemmeno alle primarie”.

Ecco: quel giornalismo che oggi critica aspramente “Mission”, in questi anni ha saputo cercare i tanti “Obama” dell’Africa? Ha saputo valorizzarli? Farli conoscere? Farlo avrebbe anche voluto dire proteggerli. Mi chiedo: perché mai un leader africano diventa famoso solo quando finisce in galera o, peggio, viene ucciso. Mai prima, quando si tratta di rendere visibile la sua lotta e, facendola conoscere, rafforzarla.

Il fatto è che, in questi anni, l’informazione (quasi tutta) si è adeguata al fatto che si vende più facilmente l’orrore e ha offerto quello, riempendo la TV, i giornali, la rete e le radio di stupri, bambini soldato, guerre, fame, epidemie.

Scusate, ma forse abbiamo fatto scuola: con “Mission” la Barale, i Cucuzza, i Principi, gli Al Bano, Intersos, l’UNHCR fanno esattamente questo, cioè offrono ciò che si ritiene più vendibile, più ad effetto. Scusate, ma forse non abbiamo fatto un favore all’Africa e agli africani che hanno bisogno di informazione vera, completa.

L'autore: Raffaele Masto

Giornalista di Radio Popolare-Popolare Network. E' stato inviato in Medio Oriente, in America Latina ma soprattutto in Africa dove ha seguito le crisi politiche e i conflitti degli ultimi 25 anni. Per Sperling e Kupfer ha scritto "In Africa", "L'Africa del Tesoro". Sempre per Sperling e Kupfer ha scritto "Io Safiya" la storia di una donna nigeriana condannata alla lapidazione per adulterio. Questo libro è stato tradotto in sedici paesi. L'ultimo suo libro è uscito per per Mondadori: "Buongiorno Africa" (2011). E' inoltre autore del blog Buongiornoafrica.it
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