Mentre le elezioni presidenziali fra Donald J. Trump e Joseph R. Biden attirano l’attenzione di analisti politici e appassionati, la vera sfida per il controllo della macchina politica americana si svolge sul terreno di battaglia del Senato.
Non tutti sapranno infatti che il Senato è il solo organo politico statunitense, insieme alla Corte Suprema, ad avere un vero e proprio potere di controllo (“check and balance”) sul Presidente, essendo chiamato non solo a votare le leggi ma anche ad approvare o bocciare ogni nomina da lui fatta: dai Ministri ai giudici e i vari responsabili delle agenzie federali.
Il Senato, composto da 100 membri, 2 per ogni stato indifferentemente dalla loro dimensione e/o popolazione, è attualmente in mano Repubblicana ed è guidato dal Senatore del Kentucky Mitch McConnell. I Democratici sperano di poter però capovolgere la situazione, e fra gli stati dove stanno “battagliando” ve ne è uno pensato da molti improbabile, almeno all’inizio.
Background
L’Alaska, conosciuto da tutti come l’Ultima Frontiera (“The Last Frontier”), è lo stato più a nord degli Stati Uniti. Situato nell’estremità nordoccidentale del Nord America, è separato da ogni altro stato a stelle e strisce, confinando unicamente con il Canada e, tramite lo stretto di Bering, con la Russia, di cui una volta faceva parte prima di essere ceduto nel 1867 agli Stati Uniti per circa 7,2 milioni di dollari (120 milioni al valore attuale). È lo stato più grande del paese ma è scarsamente popolato, anche a causa del suo clima molto rigido. Vi abitano circa 730.000 persone, quasi tutte concentrate ad Anchorage.
Politicamente è uno stato tradizionalmente conservatore. Elegge quasi unicamente rappresentanti Repubblicani. È proprio l’Alaska infatti ad aver consegnato alla ribalta della politica americana l’ex candidata Vice Presidente Sarah Palin. Fra i suoi esponenti politici più noti come non citare la famiglia Murkowski che controlla uno dei due seggi Senatoriali dello stato da ormai più di 40 anni (prima con il capofamiglia Fred e ora con Lisa, Senatrice Repubblicana moderata); ma degni di nota sono anche l’ex Senatore Ted Stevens (eletto al Senato per 41 anni consecutivi) o il deputato Don Young, eletto continuamente dal 1973. Insomma, con la notevole eccezione del Senatore Democratico Mark Begich (in carica per sei anni, dal 2009 al 2015), l’Alaska ha quasi sempre mandato esponenti Repubblicani a Washington.
Attenzione però a vedere l’Alaska come uno stato fortemente di destra. Non è per niente comparabile infatti ad altri stronghold Repubblicani com Utah o Wyoming. L’Alaska infatti ha sempre preferito candidati moderati, ovvero pro-choice (a favore quindi della scelta delle donne di abortire) e che garantissero comunque sostegni economici e sussidi sia per quanto riguarda la copertura sanitaria che per lo sviluppo delle aree meno avantaggiate, di cui l’Alaska abbonda. Il vero motivo per cui l’Alaska vota Repubblicano è probabilmente da individuare nell’azienda del petrolio e dello sfruttamento di materie prime difesa e sostenuta dal GOP.
Insomma, l’Alaska non è uno stato innamorato di Donald Trump, pur avendolo votato con uno scarto di 15 punti nel 2016 (Trump 51%, Clinton 36%, Johnson 6%). È uno stato con tanti elettori indipendenti, che tendono a votare Repubblicano ma preferiscono quel brand di partito Repubblicano non incarnato da Donald Trump. Anche per questo i Democratici pensano che il seggio al Senato possa essere in gioco.
I Candidati
Dan Sullivan, repubblicano, è il Senatore uscente che si ricandida. Ex marine, è stato Attorney Generale dell’Alaska (“Ministro della Giustizia”) oltre che Commissario allo sfruttamento delle risorse naturali dello stato, prima di essere eletto, battendo il democratico Mark Begich, nel 2015. Sullivan è un Senatore tendenzialmente moderato, anche se molto meno della sua collega Lisa Murkowski. Nel 2016 ha opposto la candidatura di Donald J. Trump a Presidente affermando che “Donald Trump non rappresenta i valori del Partito Repubblicano che conosco”. Tuttavia, dopo la sua elezione, si è abbastanza allineato al consensus all’interno del partito, votando le proposte di Donald J. Trump con un tasso del 91,5% (per dare una idea, Lisa Murkowski è ferma al 74%). Pur essendo personalmente contro l’aborto e le unioni omosessuali, Sullivan raramente ne parla sapendo che non sono un tema popolare nel suo stato.
Lo sfidante è, sorprendentemente ai più ma non agli analisti politici, un indipendente e non un democratico. La scelta del partito è difatti caduta su Al Gross, un ex pescatore e attuale chirurgo ortopedico. Molto stimato nello Stato, è stato scelto dai Democratici come un candidato più in linea con la natura politica dell’Alaska. Da medico, Gross sostiene iniziative volte a ridurre il costo della sanità negli Stati Uniti, fra cui l’introduzione di una opzione pubblica, ma, per sua stessa ammissione, si trova molto più a destra su altri temi. Su questioni come immigrazione o diritto a portare armi infatti Gross ha più volte detto di “sentirsi più vicino alle posizioni Repubblicane che a quelle dei Democratici”. Che Senatore sarebbe Al Gross? Probabilmente uno molto simile a Joe Manchin, del West Virginia.
È in gara anche un terzo candidato, John Howe dell’Alaska Indipendence Party. Come suggerito dal nome il proposito del partito è l’indizione di un referendum per dichiarare l’Alaska uno stato indipendente. Howe si definisce un “paleoconservatore” ovvero un uomo di destra che crede nel nazionalismo americano e nell’insegnamento dell’etica Cristiana sulla quale, ritiene, debba basarsi la politica. Howe non ha alcuna possibilità di vincere, ma da candidato di estrema destra potrebbe “rubare” qualche voto a Sullivan e favorire indirettamente Al Gross.
Cosa dicono gli ultimi sondaggi
Partiamo da una premessa: l’Alaska è uno stato difficile da sondare. Le sue dimensioni ma soprattuto l’estremo isolamento in cui vivono molti villaggi rende il lavoro dei sondaggisti quasi impossibile, e soprattutto molto costoso.
Le ultime rilevazioni danno il Senatore Sullivan in leggero vantaggio, fra i 3 e i 7 punti col più recente sondaggio di Gravis Marketing che lo vede al 48% contro il 45% di Al Gross oppure quello di Public Policy Polling che attesta il repubblicano al 44%, l’indipendente Gross al 41% e il 5% di John Howe. Il New York Times ha anche testato lo stato, anche se meno recentemente, trovando Sullivan al 45% contro il 37% di Gross e ben il 10% per l’indipendentista Howe.
Sullivan rimane insomma favorito alla rielezione anche se va fatto notare come l’essere intorno al 44/45% non è mai tranquillizzante per un incumbent (“senatore uscente”). Gross è infatti poco conosciuto, e potrà sfruttare questo a suo vantaggio anche grazie a forti contributi economici alla sua campagna che stanno arrivando da fuori Stato e a un messaggio in campagna elettorale che sembra essere molto efficace, quello del “Bear Doctor”, ovvero del “Figlio dell’Alaska” che faceva il pescatore, e ha anche ucciso un orso.
Concludendo, l’Alaska non è di certo un “prime target” per i Democratici che ambiscono a conquistare la maggioranza vincendo invece in altri stati. Se però i Repubblicani dovrebbero trovarsi sulla difensiva anche qui, questa sarebbe per loro davvero “l’Ultima Frontiera”.