Renzi “asfalta” Alfano: “Ha 30 deputati, noi 300, non trattiamo”
Matteo Renzi scalda i motori e parla già da segretario del Partito democratico, facendo capire che i prossimi saranno mesi di fibrillazione per il governo Letta. Bersaglio dell’attacco del sindaco di Firenze, questa è volta, è il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano.
“Letta deve sapere che il suo esecutivo ora è incentrato sul Pd – dichiara Renzi a Repubblica -. Ha cambiato forma, le larghe intese originarie non ci sono più. Il Pd ha 300 deputati e Alfano ne ha 30. Il governo sta in piedi grazie a noi. Alfano dice che può far cadere Letta. Bene, così si va subito al voto. Io non ho paura. Lui sì. Perché sa che Berlusconi lo asfalta”.
Parole durissime, quelle rivolte all’ex ministro della Giustizia, rincarate dalla prospettiva che, con Renzi segretario, il Pd non si presterà tanto facilmente a trattare e potrà staccare la spina al governo in qualunque momento: “Ripeto che noi siamo 300, loro 30. Mica ce l’ha ordinato il dottore di stare insieme. Se il vicepremier ha proposte migliorative… non è che noi non trattiamo più con Berlusconi e ci mettiamo a mediare con Formigoni e Giovanardi”.
Nel corso dell’intervista il sindaco di Firenze spezza però una lancia a favore del Presidente del Consiglio, promettendo lealtà, pur ribadendo che dal 9 dicembre “sarà il Pd a dettare la linea”. “A Letta offro una disponibilità vera, un patto di un anno. E quindi proporremo tre punti che noi consideriamo ineludibili”, e cioè riforme, lavoro ed Europa.
Con riguardo al primo tema, quello delle riforme istituzionali, al solito Renzi non le manda a dire: “Si mandino in pensione i saggi che vanno in ritiro a Francavilla e la proposta di modifica dell’articolo 138, si aboliscano enti inutili come il Cnel e si trasformi il Senato in una camera delle autonomie”. In relazione alla legge elettorale, “va bene qualsiasi riforma, purché si faccia e purché garantisca il bipolarismo e la governabilità”.
Quanto al lavoro, il probabile neo segretario dem riprende un suo vecchio cavallo di battaglia, il Job act: “Semplificazione delle regole nel lavoro, garanzie a chi non ne ha”.
Terzo e ultimo punto, l’Europa, considerata “l’anima del Paese” e del programma di governo: “ Letta vuole gestire il semestre europeo, allora si diano contenuti. Spendiamo meglio i fondi comunitari. Investiamo anche su scuola, immigrazione e diritti”.
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