#ddaonline Lettera aperta al Presidente #AGCOM

Pubblicato il 1 Dicembre 2013 alle 15:18 Autore: Guido Scorza

Caro Presidente,

ho ascoltato con grande interesse la Sua intervista di ieri ai microfoni di Repubblica.it nella quale, sostanzialmente, dice quattro cose:

(a) la legge italiana sul diritto d’autore sarebbe “molto antiquata”;

(b) Lei ritiene “insultante” che si ipotizzi che AGCOM abbia l’obiettivo di “censurare” il web;

(c) il solo ma enorme vantaggio – le parole sono Sue – che Lei riconosce alla nuova procedura che la Sua Autorità si avvia a varare è che trattandosi di una “procedura amministrativa” sarà “particolarmente veloce”;

(d) gli oppositori dell’iniziativa dell’AGCOM sarebbero rappresentati da “piccolissimi gruppi di persone incentrate sui diritti civili” che, tuttavia – a suo avviso – sbaglierebbero nel preoccuparsi che il nuovo regolamento esponga tali diritti a qualsivoglia rischio e dai “difensori” di “società che grassano profitti raccapriccianti” cannibalizzando le altrui opere.

Mi permetta, nel rispondere alle Sue osservazioni di partire dall’ultima e di chiarire, subito, che – pur essendo certamente tra gli oppositori a che la Sua Autorità vari il famigerato Regolamento nella sua attuale formulazione – nella vicenda in questione non rappresento – né in senso professionale né in senso ideologico – alcuna società che “grassi profitti raccapriccianti”, cannibalizzando l’altrui lavoro.

Ho, peraltro, la sensazione che le vere “società pirata” – nel senso deteriore del termine – non stiano neppure prendendo parte al dibattito italiano sull’iniziativa regolamentare che la Sua Autorità si avvia a varare, trovandolo noioso ed insignificante giacché qualsiasi misura adottata su base nazionale non è, per definizione, in grado di arginare eventuali condotte illecite poste in essere attraverso una Rete globale concettualmente nata, addirittura, per resistere ad attacchi militari che avessero fisicamente interrotto  alcune delle “arterie infrastrutturali” di comunicazione.

Credo, d’altra parte, che sarebbe troppo facile dire che sento piuttosto di appartenere a quel “piccolissimo gruppo di persone incentrate sui diritti civili” al quale Lei fa riferimento nella Sua intervista, che, tuttavia, sbaglierebbero a preoccuparsi.

Date le due uniche alternative che Lei propone, infatti, suppongo che tutti gli oppositori al nuovo Regolamento AGCOM preferiscano considerarsi parte di questo “piccolissimo gruppo” e possano, forse, persino trovare “insultante” – per usare un’espressione a Lei cara – essere considerati “difensori delle società che grassano raccapriccianti profitti” alle spalle di chi lavora davvero.

Il punto, tuttavia, non è quanto sia piccolo – o “piccolissimo” – il gruppo dei difensori dei diritti civili ma, piuttosto, il fatto che in tutta la Sua intervista Lei non spende neppure una parola per spiegare perché sbaglieremmo – o sbaglierebbero se preferisse non considerarmi parte di questo gruppo – nel preoccuparci che il Regolamento che la Sua Autorità si avvia a varare possa esporre a rischio di violazione diritti fondamentali e libertà costituzionali come la libertà di manifestazione del pensiero, il diritto alla privacy o nel caso dei provider la libertà di impresa.

E vengo, così, alle altre Sue osservazioni, partendo dalla prima secondo la quale la disciplina italiana sul diritto d’autore sarebbe “antiquata”.

E’ una conclusione che condivido anche se, l’ambito di osservazione, può e deve essere più ampio: è l’intera disciplina europea sul diritto d’autore ad essere rimasta indietro ed a richiedere un urgente – ma ponderato – intervento di riforma che la ponga in grado di governare in modo efficace ed equilibrato le nuove dinamiche di produzione in digitale e di circolazione dei contenuti sul web.

Confesso però di restare senza parole quando dopo tale illuminata osservazione, Lei aggiunge – quasi vi fosse una consequenzialità logica – che l’AGCOM si accingerebbe ad intervenire naturalmente non per modificare tale disciplina ma per introdurre nell’Ordinamento nuove norme processuali capaci di garantire maggiore rapidità nell’applicazione delle vecchie.

E’ un passaggio – mi perdoni la franchezza – illogico e contraddittorio.

Se una norma sostanziale non funziona perché “antiquata” e non al passo con il fenomeno che deve governare, preoccuparsi di disciplinare il processo di applicazione di quella norma rendendolo più rapido è una palese aberrazione giuridica ed un enorme errore politico.

L’unico risultato che si può ottenere, infatti è quello di pericolosi e perversi gli effetti dell’applicazione della norma in questione perché, naturalmente, più si corre nell’applicarla più – in perfetta buona fede – si è costretti a rinunciare a valutazioni ed interpretazioni evolutive della stessa.

La difficoltà di applicare le vecchie norme al nuovo contesto digitale è, in altre parole, esattamente la ragione per la quale è, allo stato, opportuno che la loro applicazione resti affidata ai Giudici con i tempi – peraltro non lunghissimi dinanzi alle sezioni specializzate di proprietà intellettuale – della Giustizia ordinaria.

Ascoltata la sua osservazione sulla natura “antiquata” della legge sul diritto d’autore, sarebbe stato legittimo attendersi un appello al Parlamento perché intervenisse o, meglio ancora, al Governo perché stimolasse Bruxelles ad accelerare il processo di aggiornamento della disciplina europea in atto e, ad un tempo, la ferma promessa che l’AGCOM, sino ad allora, avrebbe limitato il suo intervento al minimo necessario per evitare di correre il rischio di far peggio, nel nobile tentativo di far meglio.

Mi permetta poi, con riferimento alla sua osservazione secondo la quale sarebbe “insultante” imputare all’Autorità che rappresenta obiettivi censori, un chiarimento al fine di evitare un equivoco che minaccia di inquinare un dibattito che potrebbe, invece, essere franco, leale e costruttivo nell’interesse del Paese.

Il punto, infatti, non è se l’AGCOM abbia o meno l’obiettivo di censurare la circolazione delle informazioni attraverso il web italiano ma se un simile scenario possa essere un effetto collaterale – non voluto – di una regolamentazione, purtroppo, scritta super-preoccupandosi della sacrosanta tutela del diritto d’autore e sotto-preoccupandosi del necessario contemperamento di tale diritto con gli altri diritti fondamentali che vengono in rilievo.

Non penso – in assoluta franchezza – che Lei o la Sua Autorità abbiate intenzione di censurare chicchessia ma sono profondamente convinto che l’applicazione delle regole che vi accingete a varare, avrà per effetto quello di limitare la libertà di informazione sul web italiano e di comprimere – in taluni casi oltre il lecito – altri diritti e libertà fondamentali come quelli alla privacy ed all’impresa.

E’ questo il punto che per ragioni di sintesi è talvolta, approssimativamente, tradotto nell’espressione che Lei trova “insultante”: “l’AGCOM vuole censurare il Web”.

Un’ultima battuta, infine, merita quello che secondo Lei sarebbe l’unico enorme vantaggio che il Vostro Regolamento introdurrebbe nel sistema: il rappresentare una “procedura amministrativa” di “particolare velocità”.

Al riguardo temo che le nostre posizioni siano diametralmente opposte ed inconciliabili.

Il Suo “enorme vantaggio” è, infatti, a mio avviso, il più grande pericolo che il nuovo Regolamento introdurrà nel sistema: un vulnus irreparabile – sino a quando un Giudice non dovesse dichiarare l’illegittimità delle norme che Vi avviate a varare – nel sistema di accertamento degli illeciti.

Una procedura veloce, dinanzi ad un’Autorità amministrativa e destinata a produrre effetti sostanzialmente definitivi perché nessuno – o quasi – si imbarcherà in un lungo e costoso giudizio dinanzi al Giudice amministrativo per ottenere, a distanza di anni, la ripubblicazione di un contenuto del quale AGCOM ha ordinato la rimozione è un sentiero democraticamente non percorribile specie quando – come nel caso di specie – è pacifico che ogni provvedimento adottato nel tutelare il diritto d’autore comprimerà, legittimamente o meno, altri diritti fondamentali.

Caro Presidente non sono il “difensore” di nessuna società che “grassi” alle spalle di chi lavora e sono convinto di non scrivere ad un “censore” ma, in tutta franchezza, la Sua Autorità sta sbagliando e nella Sua intervista non ho trovato un solo argomento per convincermi del contrario.

Prendiamo assieme carta e penna – Autorità e società civile – e rivolgiamo un accorato appello al Parlamento ed al Governo perché intervengano nei modi e nelle forme che riterranno, a livello nazionale ed europeo, per aggiornare le norme “antiquate” alle quali lei fa giustamente riferimento e, frattanto, sigliamo, sotto l’egida della Sua Autorità, un codice di autoregolamentazione che contenga i principi essenziali di un nuovo patto sociale tra creatori, distributori, fruitori di opere protette dal diritto d’autore e, naturalmente, intermediari.

Il Regolamento che Vi accingete a varare, disciplinerà – come la legge stabilisce che sia – solo ed esclusivamente l’attività editoriale online nel settore audiovisivo dove le esigenze di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali sono sensibilmente attenuate.