Proteste in Thailandia: la presidentessa chiede il dialogo ma la rivolta infuria
“Stiamo alternando l’uso di cannoni ad acqua, gas lacrimogeni, e proiettili di gomma. Questi ultimi sono stati usati solo in un’area, vale a dire il ponte vicino alla Governament House”. Così il capo dei servizi di sicurezza Paradorn Pattanathabutr. Il teatro della vera e propria battaglia, che ormai infuria da giorni, è Bangkok, capitale della Thailandia. Gli obiettivi dei manifestanti, nella precisione, sono la sede del premier e gli altri uffici governativi presso la capitale.
La manifestazione, iniziata da oltre due settimane, ha potuto contare centomila partecipanti nella giornata di domenica 24 novembre. La miccia delle proteste, il cui obiettivo sono le dimissioni del primo ministro Yingluck Shinawatra, è stata un progetto di legge, ancora in discussione alle Camere del Parlamento thailandese, che permetterebbe il ritorno in patria per il fratello della premier, Thaksin Shinawatra, senza scontare la pena per corruzione. Già nell’ottobre scorso il partito di maggioranza, il Pheu Thai, aveva tentato, senza successo, di far passare il progetto di legge, arenatosi però al Senato. Shinawatra senior, oltre ad essere un noto magnate, fu premier thailandese tra il 2001 ed il 2006, destituito poi da un golpe militare.
La capitale è messa a ferro e fuoco, nonostante le richieste della premier di smobilitare: assicurato di voler aprire il dialogo, ha parlato della necessità di “aprire ogni porta” affinché si possa risolvere la situazione. Le forze armate, ha affermato la Shinawatra, “hanno assunto una posizione di neutralità e vogliono una via di uscita pacifica”. Non si farà ricorso, quindi, alla violenza, sebbene la scorsa notte sono stati almeno 55 i manifestanti ad essere ricoverati in ospedale con sintomi di asfissia a causa dei fumi prodotti dai gas lacrimogeni lanciati dalla polizia verso i manifestanti.
Nonostante le rassicurazioni, i video dei ‘ribelli’ mostrano come le forze armate abbiano utilizzato più granate stordenti. Inoltre nella notte tra il 30 novembre ed il primo dicembre i morti sono stati cinque, senza contare le decine di feriti. I colloqui avvenuti domenica tra la premier ed il leader dell’opposizione, Suthep Thaugsuban, non hanno portato ad alcun accordo. Thaugsuban, anzi, ha posto la condicio sine qua non, da accettare entro due giorni, di riportare la parola al popolo. La tensione, già alle stelle, quindi non accenna a diminuire.