I governi tecnici: una storia italiana
La nascita del governo del professor Mario Monti in Italia ha aperto un’antica disputa tra i fautori della politica “senza se e senza ma” e di quelli che invece rivendicano l’importanza di un ruolo dei tecnici soprattutto in determinate e complesse fasi storiche.
[ad]Questa diatriba molto spesso si scontra con la tesi secondo cui la sovranità appartiene al popolo e quindi non è lodevole una sostituzione dell’esecutivo così frettolosa ed improvvisa. In realtà si tratta, come molto spesso accade nel dibattito pubblico italiano, di una testi estremizzata che tende a delineare caratteristiche degenerative nelle rispettive e differenti posizioni. Infatti per la costituzione italiana “sovranità appartiene al popolo, che la esercita nei”, ed essendo l’Italia una repubblica parlamentare è di competenza della Camera e del Senato (in Italia vige un sistema bicamerale paritario) decidere o meno la vita o l’esistenza di un nuovo governo in carica. Per la pace di Nigel Farage che a quanto pare, pur essendo nato nella patria del parlamentarismo e del modello Westminster seppur mixato con una rispettabile forma di premierato, non ha forse compreso che la stessa sovranità popolare non può esaurirsi sempre e comunque nel momento delle elezioni.
Da questo dibattito, e dalla nuova realtà politica italiana, emerge però un dato di fatto che non deve essere per niente sottovalutato e che riguarda l’esistenza di governi tecnici nel paese.
Si tratta perlopiù di governi che non hanno una componente politica al suo interno. O almeno sono esecutivi dove le singole competenze dei membri dell’esecutivo prendono lo spazio dell’opinabilità politica esprimibile nei singoli settori.
In Italia, soprattutto rispetto agli altri partner dell’Unione Europea, la tradizione dei governi tecnici incomincia a riempire sempre più copiose pagine della sua storia e il fatto che in Grecia si arrivi ad una soluzione politica non troppo dissimile da quella italiana, con la nomina dell’ex vicepresidente della Bce Lucas Papademos a capo del governo, porta ad interrogativi anche di carattere comparativistico. Anche se è ardua un’operazione di questo tipo.
Senz’altro la patria del governo tecnico, se releghiamo il tutto all’Europa, è proprio l’Italia. Come mai questa caratteristica? E’ la conoscenza della storia d’Italia che ci porta ad una facile conclusione: i governi politici infatti hanno contraddistinto tutta la storia della Prima Repubblica, quel periodo storico che dalla nascita della Repubblica Italiana arriva fino al 1994. Ci sono stati senz’altro esecutivi che avevano al proprio interno anche esponenti tecnici o indipendenti. A tal proposito si cita molto spesso il governo capeggiato da Giuseppe Pella, dal 1953 al 1954, un esecutivo composto solo da esponenti indipendenti della Democrazia Cristiana . Il proposito di questo esecutivo infatti era quello di superare una fase di asprezza maturata tra le forze politiche a causa dell’approvazione della “legge truffa”, una modifica del sistema elettorale in chiave maggioritaria, che aveva portato ad una vibrante protesta nel paese. Appunto per questo nel governo capeggiato da Pella spiccavano esponenti indipendenti che potevano essere anche di gradimento per le opposizioni di sinistra. In questo modo le asprezze si quietarono e si raggiunse una concordia maggiore tra gli schieramenti politici.
Per quanto riguarda il futuro della Prima Repubblica però non esistono casi di governi tecnici, ma casomai di esponenti indipendenti che assunsero un ruolo importante nel dibattito pubblico italiano. Alcuni ministri tecnici, inseriti però in governi prettamente politici, decisero poi di partecipare più attivamente all’agone politico iscrivendosi al partito considerato più vicino alle proprie inclinazioni (un caso per tutti l’ex ministro Gaetano Stammati, che da indipendente decise di “passare alla politica” iscrivendosi proprio alla Democrazia Cristiana).
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