Nessun rinvio alla fine per la Corte costituzionale: quasi tutti si attendevano che la decisione sulla legge elettorale slittasse a gennaio, ma invece dei tempi supplementari è arrivato il fischio finale. E, se si vuole, il cartellino rosso per il Porcellum, che così come è stato utilizzato nel 2006, nel 2008 e ancora a febbraio di quest’anno non tornerà più.
In particolare, i giudici costituzionali – al termine di una camera di consiglio che è stata comunque lunga – hanno scritto un primo de profundis per entrambi i punti sollevati dall’ordinanza con cui la Corte di Cassazione a maggio aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale: il premio di maggioranza e le liste bloccate.
Per quanto se ne sa – almeno limitandosi alle indiscrezioni giornalistiche – il giudice delle leggi avrebbe colpito innanzitutto il difetto che la Corte aveva messo in luce più volte, almeno a partire dall’inizio del 2012, quando aveva bocciato i referendum del comitato Morrone-Parisi che volevano il ritorno al Mattarellum (ma volendo già dal 2008, quando aveva invece ammesso i quesiti Guzzetta-Segni), ossia la sproporzione del premio di maggioranza, specialmente alla Camera.
Anche in occasioni meno formali (come le conferenze o le dichiarazioni alla stampa), l’attuale presidente della Corte Gaetano Silvestri (illustre costituzionalista) e il suo predecessore Franco Gallo avevano fatto notare l’assoluta problematicità della “attribuzione di un premio di maggioranza […] senza che sia raggiunta una soglia minima di voti o di seggi”. La soluzione, a quanto pare di capire, sarebbe stata trovata nell’abolizione completa del premio, non esistendo soglie da applicare in modo “analogico” alle leggi elettorali di Camera e Senato.
Questo punto, in fondo, era il più atteso e il più “attaccabile” dalla Corte. Più insolito – almeno nei modi – arriva il disco rosso alle “liste bloccate“, criticate da tutti (e con ragione) poiché sarebbero le principali responsabili della trasformazione delle Camere da assemblee di eletti a consessi di “nominati” dalle segreterie dei partiti. In particolare, la nota diffusa dalla Corte parlerebbe dell’illegittimità costituzionale delle norme “che stabiliscono la presentazione di liste elettorali ‘bloccate’, nella parte in cui non consentono all’elettore di esprimere una preferenza“.
Non è dato però sapere niente di più su questa parte, che è decisamente la più delicata dal punto di vista dell’architettura costituzionale e, nello specifico, per la trasformazione dei voti in seggi. La sentenza, in ogni caso (e come è ovvio), lascia del tutto intatta la possibilità per il parlamento di approvare nuove leggi elettorali “secondo le proprie scelte politiche”, con l’unica – non piccola – avvertenza che dovranno essere scritte “nel rispetto dei principi costituzionali”.
Per conoscere il resto della pronuncia – quello che veramente conta – si dovrà attendere la pubblicazione dell’intera sentenza. L’attesa potrebbe essere lunga: “avrà luogo nelle prossime settimane”. Ma senza sentenza il Porcellum resta in piedi: solo dopo si potrà capire quali parti saranno state eliminate e quali resisteranno.
LE REAZIONI – Il primo a intervenire sulla bocciatura del Porcellum è il Pd Giuseppe Fioroni: “Se rimane così la legge è un sistema proporzionale con le preferenze: la proposta di legge che io ho presentato da tanto tempo in parlamento. E’ la legge Fioroni. Se nessuno tocca niente resta un grande sistema elettorale, democratico e costituzionalmente corretto”.
Entusiasta il commento di Sel, con il suo leader Nichi Vendola: “Un raggio di sole nel gelo della democrazia, un atto di giustizia contro quel Porcellum con cui la destra ha offeso l’Italia”. Per il suo collega Gennaro Migliore “serve immediatamente una buona legge elettorale, in linea con l’orientamento della Corte”.
Per l’ex segretario democratico Pierluigi Bersani “Adesso il Parlamento non può scansare il suo dovere. La nostra proposta di doppio turno di collegio risponde perfettamente alle obiezioni della Corte e alle esigenze del Paese”. Non è sulla stessa linea l’Udc Pier Ferdinando Casini che invece è soddisfattissimo della sentenza della Consulta: “Abbiamo lavorato per anni all’introduzione delle preferenze nella legge elettorale, inoltre abbiamo sempre considerato una grave anomalia un premio di maggioranza costruito senza un’adeguata soglia. Invitiamo il Parlamento a lavorare subito all’approvazione delle due modifiche”. Beppe Grillo chiede di tornare subito al voto “La sentenza della Consulta di fatto cancella il Porcellum che va considerato decaduto con il ritorno immediato al voto con la precedente legge elettorale Mattarellum”, scrive il leader del M5S. “Si torni al Mattarellum, si sciolgano le Camere e si vada al voto. Non ci sono alternative”
I commenti meno soddisfatti, come era prevedibile, arrivano da Forza Italia che quella legge aveva fortemente voluto nel 2005: non stupisce che Mariastella Gelmini metta in luce soprattutto le conseguenze “distruttive” che la pronuncia del giudice delle leggi potrebbe avere: “Se il Porcellum è considerato incostituzionale sia per le liste bloccate sia per l’eccessivo premio di maggioranza, è allora vero che una volta riformata la legge elettorale, e in permanenza di un Parlamento non più legittimato, l’unica decisione costituzionalmente valida che può essere presa dal Capo dello Stato è lo scioglimento delle Camere e il voto anticipato”.
Ancora più sulfureo, con un tocco quasi luciferino, il “padre” leghista della legge, Roberto Calderoli, lo stesso che la bollò poi come “porcata” e che ora ha presentato un ordine del giorno per il ritorno al Mattarellum: “Ora ci saranno una serie di conseguenze da valutare che derivano da questa bocciatura. Potrebbe essere delegittimato il parlamento, potrebbe essere delegittimanto il governo sostenuto da questo parlamento delegittimato. E’ delegittimato il presidente della Repubblica eletto per due volte da un Parlamento eletto con questa legge elettorale. E ancora è delegittimata la Corte costituzionale che in parte è composta da membri eletti da un Parlamento illegittimo. E’ legittima una sentenza espressa da un organismo che non è legittimato?”.
Molto più accomodante, in ossequio al suo passato diccì, il commento che Gianfranco Rotondi, ex Dca ora Fi, affida a Termometro politico. “Questa legge, meno il premio di maggioranza più le preferenze in pratica è la legge del 1946 – nota – per cui la Corte ha mantenuto il suo tradizionale conservatorismo istituzionale. E’ vero, di nuovo rispetto ad allora c’è lo sbarramento, ma è sempre una correzione della legge del ’46, non è una cattiva legge. Ora bisognerà vedere esattamente il contenuto della sentenza, ci sarà una fase di grande confusione, come sempre in fondo alla strada ci sarà la soluzione”. La durata della legislatura però per Rotondi si accorcia: “Certo è che il parlamento ora è delegittimato e bisogna tornare a votare, in tempi piuttosto rapidi”.
IN PARLAMENTO – Anche in Parlamento la vicenda della legge elettorale aveva avuto oggi una brusca (si fa per dire) accelerazione: la commissione Affari costituzionali del Senato, infatti, aveva istituito un “comitato ristretto” proprio per esaminare le proposte per un nuovo meccanismo di trasformazione dei voti in seggi, con un rappresentante per gruppo e i due relatori, Donato Bruno e Doris Lo Moro. Per le proposte c’è tempo fino a fine gennaio, ma a questo punto bisognerà sbrigarsi e produrre qualcosa di sensato.
Gabriele Maestri