Governo, rebus riforma legge elettorale
L’8 dicembre non sarà soltanto la data in cui il Partito Democratico vedrà convogliare ai gazebo i suoi militanti e palesarsi il suo nuovo segretario. L’8 dicembre sarà anche il giorno dell’inizio di una nuova fase della XVII legislatura: tutti i protagonisti dello scacchiere politico italiano dovranno attendere solo altre 48 ore e poi potranno giocare le loro carte, lanciare i loro dadi. Fino alle 20 di domenica sarà un continuo bailamme di tattiche, ambasciate, scaltrezze. Il tema? Le riforme costituzionali e la legge elettorale.
Certo, la pronuncia della Corte Costituzionale ha rischiato di accelerare i tempi, di mandare all’aria settimane di trattative che portavano tutte allo stesso mantra: aspettiamo, calma. Fortunatamente (oppure no, dipende dai punti di vista) la Consulta è stata chiara: addio al Porcellum così come lo conoscete, ma non c’è vuoto normativo. Che equivale a dire ‘c’è urgenza, ma fino ad un certo punto’. Dichiarando l’illegittimità del premio di maggioranza, è stata sancita la sua abolizione: di fatto questo spazza via il sistema elettorale maggioritario e introduce un sistema proporzionale. Nessun buco.
Il governo, come tutte le altre formazioni che attendono di scendere in campo, sta a guardare ma sembra avere già le idee chiare: nel progetto messo nero su bianco dai ministri Quagliariello e Franceschini ecco la modifica del sistema bicamerale, la fiducia al governo assegnata a una sola Camera, un meccanismo di voto che garantisca il bipolarismo. Tutto pronto a partire dopo il discorso del Presidente del Consiglio alle Camere: palla fin da gennaio ai due rami del Parlamento, iter da chiudersi in primavera.
Il premier in questo temporeggiare fino all’8 dicembre gioca un ruolo decisivo: dichiara che bisogna leggere le motivazioni con cui la Consulta ha bocciato il Porcellum – servirà circa un mese – e nel frattempo tratta con Renzi. Letta e i suoi restano fermi su un punto, ossia prima le riforme istituzionali, poi di conseguenza la legge elettorale: Renzi sembra essere d’accordo. Anche perchè la stessa idea di una bozza di proposta di legge elettorale firmata dallo stesso governo, magari quel doppio turno di collegio gradito al Pd ma già bocciato in commissione Affari Costituzionali del Senato poco meno di un mese fa, è finora stoppata da più parti: “Il governo sbaglia se fa una proposta di legge elettorale: abbiamo mille parlamentari, facciano loro” dice a Repubblica il ministro per gli Affari regionali Graziano Delrio.
Allo stato attuale la mediazione porta il nome di Luciano Violante che propone un modello simile al tedesco: un meccanismo proporzionale con soglia di sbarramento al 5% e un premio di maggioranza del 15% raggiunta la soglia del 45% dei voti, altrimenti ballottaggio ossia doppio turno. Quest’ultima idea non convince proprio tutti ed ecco perché la stessa proposta di Violante, che pur raccoglie buoni consensi, andrà prima o dopo ritoccata.
Chi non sembra voler attendere è Forza Italia, libera ormai da legami con l’esecutivo e quindi meno accorta, più drastica. Tranchant la proposta degli azzurri: “Il Parlamento certo che può legiferare, ma quale Parlamento? Certamente non quello ‘drogato’ dal premio di maggioranza giudicato illegittimo dalla Corte costituzionale” – afferma Renato Brunetta capogruppo di Fi alla Camera – “La giunta deve convalidare, riassegnandoli proporzionalmente agli altri gruppi, i 148 seggi (del Partito democratico e di Sel) ottenuti illegittimamente grazie al premio di maggioranza. E poi si faccia subito una nuova legge elettorale e si vada a votare al più presto”.
E i grillini? Il Movimento Cinque Stelle invoca a gran voce il ripristino adesso e subito della legge Mattarella ed è in buona compagnia. Lo stesso padre del Porcellum, Roberto Calderoli, chiede da tempo il ritorno al vecchio sistema.
Giordano Giusti