“Siamo in diecimila e salutiamo le cassandre, senza rancore”. Inizia così, con il sorriso dentato ben noto ai suoi sostenitori, il discorso di Angelino Alfano, centro dell’iniziativa che agli ex studios De Paolis lancia ufficialmente il Nuovo centrodestra, il soggetto politico degli ex Pdl che hanno scelto di non prendere parte alla riattivazione di Forza Italia.
“Siamo una squadra” aveva detto ancora l’altro ieri Alfano, presentando il simbolo come la “maglia” con cui giocare: anche oggi la squadra ideale (con un estratto dal film di Al Pacino Ogni maledetta domenica) si mescola alla squadra reale, con slogan e brani di interviste ai big del nuovo partito che si alternano sullo schermo.
Ricorda un po’ uno degli ultimi discorsi di Renzi, il setting del discorso di Alfano: palco centrale, gente stipata tutt’intorno. Prima di lui parlano i ministri, chiamati da Maurizio Lupi. L’attesa del discorso del leader si consuma tra la voglia di “fare tutte le riforme” di Gaetano Quagliariello e il desiderio di un partito “che sa parlare alla testa della gente e non solo alla pancia” di Nunzia De Girolamo, poi Alfano appare sul palco sulle note di In the name of love degli U2: nemmeno Berlusconi aveva mai osato tanto.
Ribadisce che la scelta di non aderire a Forza Italia “è stata dolorosissima, ma è stata la scelta giusta, perché guardava all’Italia e al futuro”, ossia a non gettare il paese in pasto agli estremisti e alle profondità della crisi. Sa che quella scelta comporta un risultato anomalo, la permanenza al governo con il Partito democratico, che non permette di ottenere tutto ciò che si vuole: “Alcune cose le faremo ora, altre nel 2015 quando vinceremo le elezioni, ma nel 2014 dobbiamo fare le cose importanti per l’Italia” e su questo propone un patto di governo ai democratici, in particolare a Matteo Renzi che vede come probabile vincitore delle primarie.
Il contratto di governo, però, per il vicepremier non comporta affatto rischi di omologazione con gli avversari: “La sinistra le riforme pensa di farle scrivere ai Pm, ai sindacati, all’Agenzia delle entrate – grida nel microfono, arrivando a somigliare molto in questo al suo “maestro” Berlusconi – siamo diversi da loro in pensieri, parole, opere e omissioni. Se vi fanno i complimenti, chiedetevi dove avete sbagliato”. Non stupisce allora che la prima citazione di Berlusconi – che Alfano dice espressamente di non rinnegare – scateni un grande applauso.
Una cosa che per il leader del Ndc va cambiata è la dimensione continentale: “Noi crediamo nell’Europa, ma non è immodificabile: così com’è non va bene, deve avere una profonda riforma”. Per Alfano deve avere quattro funzioni fondamentali, cioè la difesa comune, la moneta, la diplomazia e la frontiera (“che abbiamo ottenuto che fosse europea”), mentre tutto il resto agli stati nazionali: “Non serve che l’europa si occupi della circonferenza dell’anguria”. E sull’immigrazione: “Abbiamo grande cuore, ma non possono entrare tutti e restarci, abbiamo già difficoltà a dare futuro ai nostri giovani”.
Batte sui temi cari da anni al centrodestra Alfano, a partire dalla pressione fiscale e soprattutto dalla giustizia: “Ci vuole una riforma che aggiusti il fatto che il nostro è l’unico paese in cui rischi di finire in carcere senza condanna e processo, oppure di essere condannato definitivamente senza finire dentro”. Lancia un monito a Renzi (“Riformiamo la custodia cautelare: in galera ci vadano solo i delinquenti e i condannati definitivi, scontino la pena fino alla fine”) e chiede di rispondere al sovraffollamento carcerario con la costruzione di nuove galere, non lasciando fuori le persone.
Nel tracciare un ritratto del partito appena nato, su alcuni punti Alfano si mostra netto: “Questo non è un movimento per mafiosi, camorristi, ‘ndranghetisti: ogni voto lo useremo contro di loro, per liberare le terre. Prima di costruire un circolo, ci si guardi allo specchio: i loro voti non li vogliamo, e nemmeno di quelli a loro vicini”. E cita come modelli Falcone, Borsellino, Livatino e il padre di Rosanna Scopelliti.
Il Nuovo centrodestra, poi, dovrebbe essere un partito in cui vince chi è più bravo, chi ha più voti e consenso e “chi gira le sagre di paese e i piccoli paesi, che non è roba per sfigati“. Gli uffici devono stare aperti nel fine settimana, “e se non avete un ufficio andare al bar a ricevere le persone, la gente se lo aspetta”. Ogni sezione sarà autonoma, senza ordini dall’alto, ma con un sistema innovativo di decisione: “Noi saremo il partito della partecipazione digitale: la nostra sede principale sarà il vostro smartphone, vi consulteremo direttamente sul telefonino per le decisioni fondamentali“.
L’ultima parte del discorso di Alfano sembra una pagina di teatro informale, in un immaginario dialogo con potenziali elettori: “Ci rivolgiamo a te che sei un professionista, che ti sei laureato, hai studiato tanto per avere la targa sulla porta e vedi la sinistra che vuole smantellare le professioni“. Un pensiero anche agli imprenditori che rinunciano a un po’ di profitto per non licenziare nessuno, ai commercianti che subiscono la concorrenza degli irregolari, agli uomini in divisa che resistono agli insulti, ai soldati in missione e ai volontari, alle madri che vogliono anche fare carriera e chiedono aiuto allo Stato.
A tutte queste persone è rivolto l’ultimo appello: “Unitevi a noi, contribuite a fondare il nuovo e grande centrodestra italiano. L’Italia ce la può fare, c’è una speranza che può vincere, abbiamo bisogno anche della vostra rabbia e indignazione“. Dopo il discorso Lupi, Alfano e gli altri ministri escono a salutare oltre 5mila persone rimaste fuori: “Oggi inizia una nuova grande avventura – garantisce Alfano -. Viva il Nuovo centrodestra e, se permettete, che Dio benedica l’Italia!”