Primarie Pd, Renzi campione dell’apparato. Una navigata esponente del Partito Democratico mi diceva che la credibilità di chi fa politica dipende in buona parte dalle persone di cui si circonda. È un consiglio che avrebbero dovuto dare anche a Matteo Renzi, il “leader” del centrosinistra destinato, certamente, a sconfiggere i rivali alle primarie dell’8 dicembre e, probabilmente, a superare Berlusconi e Grillo.
Dalla rottamazione in poi, Renzi si è però soprattutto scontrato con l’apparato che, dai tempi del primo Ulivo, rovina il centrosinistra. Per dimostrare, dunque, di essere determinato a perseguire questo obiettivo Renzi avrebbe dovuto fare più attenzione ai suoi sostenitori. Dopo aver accolto, già lo scorso anno, l’appoggio di molti politicanti discutibili, negli ultimi mesi ha abbracciato una buona parte di quell’apparato che avrebbe dovuto rottamare, accettando, senza riserve, anche i voti di chi, un anno fa, lo liquidava come un giovane Berlusconi.
Così il sindaco di Firenze dorme tranquillo: raggiungerà facilmente la segreteria grazie alle ovvietà demagogiche e al sostegno di tanti “campioni di preferenze” con un passato già da dalemiani, veltroniani, franceschiniani, bindiani, bersaniani, mariniani, fioroniani e così via. Se, invece, contassero i fatti, Renzi avrebbe forse cercato di dimostrarsi coerente con le promesse, facendo un po’ di selezione tra i propri sponsor politici a Roma e sui territori. Se avesse rinunciato a qualche pacchetto di voti, avrebbe ampiamente guadagnato in credibilità.
Il PD può vincere con un leader forte e carismatico come Renzi. Ma può incidere sulla realtà italiana solo se diventa «uno strumento che raccolga, aggreghi e produca conoscenza e soluzioni condivise e informate sul “che fare” dell’azione di governo» elaborando «una visione del futuro del paese per cui valga la pena di battersi e che si possa realizzare» (Fabrizio Barca, Perché il PD sia utile all’Italia, 25 luglio 2013).
Renzi è già in corsa per Palazzo Chigi e non farà nulla per cambiare il PD. Così ci si accorgerà che “il rottamatore” è solo un altro campione di quel «ceto burocratico-politico senza idee e senza progetti, diviso in correnti ferocemente in lotta, la cui principale attività, al centro come in periferia, diviene di fatto la spartizione dei posti e delle risorse» (Ernesto Galli della Loggia, Democristiani loro malgrado, Corriere della Sera, 30 novembre 2013)
Andrea Enrici