Alla fine, in qualche modo, il tema della legge elettorale spunta anche a Montecitorio. Deve farsi largo coi gomiti e non è detto che basti, ma almeno ci prova. Oggi, infatti, la commissione Affari Costituzionali della Camera ha inserito nel calendario la discussione delle 21 proposte di riforma elettorale e della calendarizzazione è stata informata la presidente Laura Boldrini.
Ci sarebbe l’accordo di tutti i gruppi di deputati (almeno in commissione) per far arrivare la discussione a Montecitorio, come chiesto nei giorni scorsi da un gruppo di deputati Pd vicini a Matteo Renzi. Sarebbe infatti il primo passo per tentare di trasferire lì la discussione, che a Palazzo Madama per molto tempo è parsa a un punto morto: in base all’articolo 78 del regolamento della Camera, se presso una commissione viene calendarizzato un progetto di legge che, per l’oggetto, è identico o simile a un altro progetto incardinato al Senato, chi presiede la Camera informa il suo omologo del Senato “per raggiungere le possibili intese”.
Oggi in commissione Affari costituzionali si sarebbe parlato proprio di questo, dopo la relazione del presidente Francesco Paolo Sisto. Certo è che l’atto di oggi – deciso dall’ufficio di presidenza – ha creato un casus belli, sul cui esito è difficile fare previsioni. Al Senato non sembra gradire il possibile trasloco della discussione Anna Finocchiaro (giovedì è previsto il comitato ristretto per discutere delle proposte di riforma): “Ma chi l’ha detto che qui non si fa più? Ci sarà un’intesa tra Camera e Senato”. Che, a quanto sembra di capire, per lei dovrebbe significare che la discussione resta in Senato.
Chi vuole spostare il dibattito alla Camera lo fa perché è convinto che i numeri permetterebbero di trovare più facilmente un accordo per il primo passaggio parlamentare della legge, per poi caricare le forze presenti in Senato della responsabilità di completare l’iter in tempi rapidi. Chi invece vuole che si resti in Senato preferisce che il testo sia frutto di un forte compromesso tra le varie componenti della maggioranza, per superare lo scoglio di una maggioranza tutt’altro che scontata e arrivare a Montecitorio con più tranquillità. Più di qualcuno, in ogni caso, ha considerato uno scippo intollerabile l’eventualità di un approdo alla Camera.
Intanto va registrato il doppio appoggio al sistema elettorale che Matteo Renzi chiama “del sindaco d’Italia”. Maurizio Lupi (Ncd) sottolinea che la nuova legge “dev’essere bipolare e deve ridare la possibilità ai cittadini di scegliere il proprio rappresentante. Siamo molto interessati all’ipotesi del modello Sindaco d’ Italia”, ma al coro si aggiunge Renato Brunetta. “La riforma elettorale è incardinata al Senato – spiega al Corriere -. Se quelli che vogliono un sistema maggioritario bipolare a Palazzo Madama – Grillo, Forza Italia, Pd, Sel – si mettono d’accordo, basta una settimana per cambiarla”. Ora tocca a Renzi darsi da fare e guardarsi intorno.