Riina torna a minacciare Di Matteo, pm della trattativa Stato-mafia
Riina torna a minacciare Di Matteo, pm della trattativa Stato-mafia.
Nino Di Matteo, pm palermitano, è seriamente in pericolo. Le parole dello storico boss di ‘cosa nostra’, Salvatore ‘Totò’ Riina, non lasciano altre interpretazioni: “è tutto pronto, e lo faremo in modo eclatante”. E’ solo l’ultima delle tante, gravissime e drammatiche minacce subite dal pm da parte del mafioso arrestato nel 1993, intercettato dalla DIA (Direzione Investigativa Antimafia) attraverso cimici nascoste nel carcere milanese di Opera.
Di Matteo, pubblico ministero indagante sulla trattativa Stato-mafia, adesso è più che mai a rischio: incontrati i procuratori di Palermo e Caltanissetta, Francesco Messineo e Sergio Lari, quest’ultimi si sono mossi a Roma dove hanno informato il titolare del Viminale, Angelino Alfano (che proprio qualche giorno fa aveva ribadito, al margine di un Comitato per la Sicurezza e l’Ordine pubblico, il suo intento di proteggere i pm a rischio, come previsto dal codice penale quando si presentano fatti che possano provocare grave allarme sociale e problemi di ordine pubblico.
Il Ministro dell’Interno ha avvisato il Capo della Polizia, Alessandro Pansa, ed adesso si sta pensando di far rinunciare a Di Matteo la trasferta milanese, dove avrebbe dovuto interrogare Giovanni Brusca, l’esecutore materiale dell’omicidio Falcone, oggi pentito e collaboratore di giustizia.
L’attenzione era cresciuta dopo l’intercettazione, captata durante l’ora d’aria, di una conversazione tra Riina ed un boss della Sacra Corona Unita: “lo vogliono trasferire in una località segreta per motivi di sicurezza”, affermava il capo della mafia pugliese. “Sempre al processo deve venire”, replicava il boss corleonese da ormai venti anni al 41bis, il regime di carcere duro. Per molti quella frase concerneva proprio lo spostamento nel capoluogo lombardo. Troppo rischioso. Del resto le parole del Procuratore Nazionale Antimafia, Franco Roberti, sono inequivocabili: “il detenuto Riina manifesta odio e vendetta contro i magistrati siciliani”, dichiara il successore di Piero Grasso in un’audizione della Commissione Antimafia presso Reggio Calabria.
Le misure di sicurezza per la vita del magistrato sono state innalzate: vetri oscurati, “massima attenzione” per gli uomini della scorta, richiesta del dispositivo ‘bomb-jammer’, meccanismo che blocca apparecchiature come telecomandi a distanza utilizzabili per attentati. La tensione è alle stelle. E i ricordi piombano a vent’anni fa, durante i tragici momenti delle stragi e della vera e propria occupazione militare della Sicilia da parte dell’esercito italiano per contrastare la drammatica escalation.