La manovra e il bilancino
La manovra è stata varata dal Consiglio dei Ministri di domenica sera: niente aumento dell’Irpef (si pensava fosse tramontato solo l’aumento dal 41 al 43% per i redditi dai 55mila ai 75mila euro). Aumento dell’Iva al 23%, per quanto riguarda ovviamente la terza aliquota, nel secondo semestre del 2012. Indicizzazione piena delle pensioni solo fino ai 936 euro (solo!?!). Tracciabilità sino a 1000 euro (difficile combattere l’evasione fiscale con una quota così elevata). Abolizione delle giunte e dei consigli provinciali (ma in conferenza stampa i ministri non hanno risposto se la norma ha valenza immediata o no). Passaggio al sistema contributivo in materia previdenziale con un’età pensionabile a 62 anni per le donne e a 66 per gli uomini. Non torna l’Ici, ma solo perché si chiamerà Imu. SupeImu. E colpirà prevalentemente le seconde e terze case.
Questi dati. Ma ora emerge un problema politico.
[ad]Il governo guidato da Mario Monti infatti ha la più ampia maggioranza della storia repubblicana stando ai numeri parlamentari. Ma è un governo anomalo in quanto prettamente tecnico nella sua composizione. Di conseguenza ad un sostegno ufficiale delle forze politiche all’esecutivo non necessariamente segue un sostegno alle singole misure adottate dal governo stesso. Che non solo non sono elaborate minimamente dai partiti che formano l’ampia maggioranza ma teoricamente possono essere del tutto indigeste alle stesse forze politiche.
Da qui due necessità impellenti per Monti:
-consultare le forze politiche che sostengono l’esecutivo non essendoci nel suo gabinetto esponenti politici capaci di riferire ai partiti il succo della manovra.
-varare misure da lacrime e sangue, così richiede la necessità del paese, ma al tempo stesso trovare una chiave strategica per far digerire il tutto alle forze politiche.
Il primo punto ha portato ad una serie di incontri nella giornata di sabato 3 tra Monti e rispettivamente il Terzo Polo, il PdL e il Pd e necessità ancora di una fase di rodaggio in grado di trovare una forma che garantisca la concertazione tra maggioranza e esecutivo (si parla insistentemente di riunioni con i capigruppo delle commissione i singoli ministeri). Da ciò prassi anomale come quella della riunione sotto il tunnel tra Palazzo Madama e Palazzo Giustiniani.
Il secondo punto invece per quanto possa apparire ben più tecnico ha un’alta caratura politica ben maggiore del primo punto, dalle venature strettamente istituzionali.
Infatti molto spesso, e ciò dovrebbe interrogare i partiti, le necessità e i desideri delle forze politiche non coincidono con le impellenti necessità del paese. Quindi di fronte ad una serie di misure che Monti deve far approvare in tempi brevi al Parlamento, e su cui non può discostarsi pena la perdita di credibilità in sede europea, si aggiunge il tema del “come” porre queste singole misure. Come si porrà Monti in Parlamento, sostanzialmente.
Il premier dovrà dare l’idea che ogni singola misura non è altro che una compensazione di un’altra misura. Accetta un piatto doloroso, avrai successivamente ciò che desideri. Un modo forse per scontentare tutti ma nel segno dell’equità. Sembra mercanteggiamento ma è puro realismo in politico.
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